domenica 23 dicembre 2018

"...Siamo tutti transgender!" di Roberta Ribali


“Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente…” L. Wittgenstein

Tutto è cominciato in seduta, da una frase di un paziente che diceva: «… perché vede, dottoressa, noi transessuali…»  (e, poi, poche parole su una situazione che non ricordo). È stata l’espressione “noi transessuali” a suonarmi stonata, come lo stridere della lama di un coltello sulla porcellana.
Tutto lì…. 
fluidità di genere
Prima di tutto, ho provato la sensazione di essere esclusa immotivatamente e ingiustamente da qualcosa di umano. Come quando mi si dice, ad esempio: «Noi ebrei siamo perseguitati. Noi neri siamo discriminati». Io mi irrito: anch’io, anche noi tutti umani possiamo essere e siamo perseguitati. Anche noi donne siamo perseguitate. Anche noi psichiatri siamo oggetto di pregiudizio. Anche noi automobilisti, noi vegetariani, noi che siamo della riva sinistra del Po, noi mancini, noi epilettici, noi ecc. ecc. possiamo essere diversi, discriminati, in negativo o in
positivo … (Magari anch’io sono un po’ ebrea… Una trisavola vivace di origine
mitteleuropea, chissà. E poi, da piccola ho avuto un febbrone e le convulsioni…un po’ epilettica sono stata anch’io. Vegetariana lo sono diventata, ecc. ecc., appunto).
Noi, noi, noi: e voi. Contrapposti, diversi appunto per quanto riguarda una peculiare caratteristica che “noi” abbiamo e “voi” no.
Si tende comunque a fare parecchia confusione: alcune caratteristiche – poche- sono
effettivamente esclusivo appannaggio di alcuni; ma, spesso, si preferisce, più o meno consapevolmente, creare insiemi artificiosi e falsi. Questo allo scopo di scorporare da noi stessi qualche cosa che faticheremmo a riconoscerci addosso: meglio proiettarlo sull’altro, creando categorie fittizie e spurie, anche se non sempre facilmente identificate o smascherabili. Su tali categorie, si fabbricano “film personali” a valanga, in apparenza logici, ma, in realtà, solo immaginifici, in quanto spesso basati su punti di partenza campati in aria.
Torniamo al “noi transessuali”.
Si studia che l’identità sessuale di un essere umano si forma precocemente. Il piccolo essere umano, appena nato, si ritrova già con un’appartenenza sessuale attribuita sulla base di un’ispezione agli organi genitali esterni: per l’adulto che decide, all’interno di un sistema linguistico adeguato e binario, i giochi sono fatti...

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sabato 22 dicembre 2018

"Maschi selvatici e donne sottomesse" di Enrico Proserpio

Mi ero riproposto di comprare e leggere il libro Sposati e sii sottomessa di Costanza Miriano, per poter adeguatamente conoscere le idee di questi integralisti che imperversano con le loro accuse di complotto contro le famigerate “lobby gay”. Mentre navigavo sul web, però, ho letto uno status della Miriano, ripubblicato da qualche mio contatto acebook, nel quale l'autrice diceva di essere impegnata nella lettura del libro Il maschio selvatico 2 di Claudio Risé. Ho acquistato quindi anche questo libro, per avere un quadro più completo.

Il maschio selvatico 2

Cominciamo dunque con il libro di Claudio Risé, psicologo e professore universitario, specializzato negli studi sul “maschile”. Il libro in questione fu scritto e pubblicato già nel 1993. La versione attuale è quella rivista, aggiornata e ampliata, motivo per cui nel titolo compare il numero “2”.


costanza miriano claudio risé


Il maschio selvatico è l'archetipo dell'uomo, la sua natura intima, naturale, l'incontro con la quale è necessario per una crescita equilibrata e sana dell'individuo di genere maschile. Questo confronto però è problematico, soprattutto perché la nostra società tende a reprimere l'aspetto selvatico, sia per pregiudizio, che per interesse da parte del potere nel nascondere ciò che renderebbe libero l'uomo. Secondo Risé la società, strutturata e basata sul potere di pochi, ha necessità di reprimere la natura selvatica del maschio per assoggettarlo alla volontà di chi governa. Il maschio selvatico è infatti bastante a se stesso, non richiede conferme e non accetta un'autorità che lo limiti. Per questo, la cultura tende a trattare negativamente gli istinti e le emozioni, per imporre uno schema artefatto e funzionale al sistema stesso. Nel nostro mondo consumista, siamo portati dalla propaganda sociale e dalla pubblicità a credere che tutto ciò che ci serve per essere felici sia avere beni da consumare. Per questo, il sistema economico cerca di cambiare l'uomo, di imporre un mutamento antropologico utile agli scopi delle grandi aziende e della politica. Ciò si contrappone, nella psiche degli uomini, alle necessità radicali e naturali dell'uomo, che il sistema cerca di sostituire con i beni materiali e i consumi. Tale sostituzione è però insufficiente e non funziona. Così il maschio rimane insoddisfatto, precipitando in un meccanismo di sempre maggior desiderio di beni materiali o in uno stato di depressione... 

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venerdì 21 dicembre 2018

"La pedofilia non è orientamento sessuale" di Raffaele Yona Ladu

Di tanto in tanto, vedo tornare alla carica su Facebook due tipi di persone. Il primo è quello che vorrebbe inserire la pedofilia tra le minoranze sessuali che si tutelano a vicenda, unendosi nella sigla LGBTQIA+. Il secondo è quello di chi non aspetta altro per ripetere che omosessualità e pedofilia sono strettamente legate e che legalizzare la prima porterà necessariamente a legalizzare anche la seconda. 
pedofilia orientamento sessuale

Mi sono già occupato del problema, sia nel mio blog personale che nel blog di Lieviti, e provo a riassumere ed approfondire quello che scrissi.
Innanzitutto, le ambiguità che ci sono state in passato nel movimento LGBTQIA+ nei confronti della pedofilia ci sono costate assai care; ognuno di noi è iscritto ad un’associazione LGBTQIA+ (chi non lo è ancora è pregato di farlo, in nome della liberazione sessuale anche delle persone etero cis e binarie), e la federazione mondiale di queste associazioni è l’ILGA (non ha voluto cambiare la sigla, ma ora si autodefinisce: International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association = Associazione Internazionale Lesbica, Gay, Bisessuale, Trans ed Intersex).
All’ILGA sono iscritte oltre 1.200 associazioni in 132 paesi – anche Lieviti. La quota annuale per le associazioni italiane (i paesi più poveri godono di uno sconto) è di 150,00 Euro – che permettono di avere una prospettiva internazionale e partecipare a numerose occasioni di formazione.
L’ILGA è un’ONG fondata nel 1978; nel 1993, era stata ammessa all’ECOSOC (United Nations Economic and Social Council = Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite), come membro consultivo, sotto il coordinamento della Divisione ONG del Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unitei membri consultivi attualmente (2016) sono 5.083.
Ma, nel 1994, l’omofobo americano Jesse Helms approfittò del fatto che all’ILGA erano iscritti la NAMBLA e due gruppi di pedofili per farla sospendere dall’ECOSOC. L’ILGA sostiene, in questa pagina del suo sito, che ha sempre combattuto lo sfruttamento sessuale di chiunque da parte di chiunque e non si era accorta di chi si era portata in casa; in ogni caso, già nel 1990 l’ILGA aveva dichiarato che i bimbi hanno il diritto di essere protetti dallo sfruttamento e dall’abuso sessuale, e dal coinvolgimento nella prostituzione e nella pornografia...

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giovedì 20 dicembre 2018

"Bruised: i cuori contusi di Federica Caracciolo" di Erica Gazzoldi

bruised federica caracciolo copertinaBruised (Montirone 2018, Triskell Edizioni) è il primo romanzo pubblicato da Federica Caracciolo. Laureata in lingue e letterature straniere, ex commessa, cameriera, insegnante, è principalmente bibliotecaria e lavora nel sociale. Ha un figlio. La giovane autrice ferrarese è impegnata in prima persona per le cause LGBT e questa sua opera lo mostra a chiare lettere. Infatti, racconta di Raffaele, adolescente gay non ancora dichiarato e chiuso in un guscio, fatto di poche cose: la sua camera e la sua unica amica, Bianca. Con lei, vive in simbiosi: gli piace la stessa sua musica, ha le sue stesse idee circa i social network… è innamorato del suo stesso ragazzo. Non proprio innamorato, almeno all’inizio. Ma l’attrazione di Raffaele per Daniele, detto Dean, diviene sempre più un problema: fonte di sensi di colpa. Un’altra cosa delle tante che il ragazzo tace, soprattutto alla sua famiglia. Del resto, non è facile comunicare, quando ci si trova circondati da un guscio di algida perfezione. Un fratellino, forse neppure dodicenne, ma con un’intelligenza quasi umiliante. Una coppia di genitori eleganti e curati, che passa il tempo ad amoreggiare. O, almeno, così sembrerebbe. Perché il guscio in cui vive Raffaele, volente o nolente, va sgretolandosi. 
            Comincia Bianca, dandogli uno shock: di punto in bianco, lui scopre che la sola persona che lo capisce e che lo fa sentire figo sta per trasferirsi. Andrà a Torino… per il lavoro di suo padre, per tentare l’ammissione alla Scuola Holden… E per stare con un nuovo ragazzo, che ha conosciuto tramite gli odiati social network. Una vera e propria rivoluzione copernicana, per il protagonista.
            Poi, cade un altro mattone: l’esemplare, odiata famiglia. Sua madre lascia il marito e i figli per andare a convivere con l’amante. Un “altro uomo” di cui Raffaele non sospettava nemmeno l’esistenza; una terapia di coppia fallita, senza che lui ne avesse il minimo sentore. A tal punto le pareti del suo guscio si erano ispessite.
            Senza di quello, al ragazzo sembra impossibile ripararsi dai colpi della vita. Non può che rimanere bruised, “contuso”... 

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martedì 11 dicembre 2018

"Isacco e Giuseppe transpatriarchi" di Raffaele Yona Ladu


Mario Bonfanti aveva organizzato alcuni anni fa per la Metropolitan Community Church (una chiesa protestante, con confessione di fede di tipo luterano, molto LGBTQIA+-friendly) di Milano un ciclo di conferenze sul “coming out” dei personaggi biblici. Non partecipai alle conferenze, ma il tema mi ispirò a scrivere qualcosa sul patriarca Isacco, che vi offro in versione riveduta, insieme a osservazioni sul patriarca Giuseppe, sempre rivedute.
jacob and rachel william dyce
Giacobbe e Rachele, di William Dyce (1853)
Un tempo, udii un rabbino dire che Isacco, nella Bibbia, era schiacciato tra la fama del padre Abraamo e del figlio Giacobbe. Credo che egli avesse torto, se non altro per un motivo molto semplice: il prototipo del “Servo sofferente”, che si troverà nel Secondo Isaia (in particolare in Isaia 52-53), è lui. 
Nella “teologia” ebraica, una fonte inesauribile di benedizione per il popolo d’Israele sono i “meriti dei padri”, tra cui il principale è la “legatura di Isacco” descritta in Genesi 22:1-19. Fu merito sia per Abraamo che per Isacco, che acconsentirono l’uno a sacrificare e l’altro a lasciarsi sacrificare perché così aveva chiesto loro Dio.
Come osserva Ebrei 11:17-19, quella di Abraamo non fu obbedienza pronta, cieca ed assoluta, ma la fiducia che Dio non si era rimangiato la promessa di Genesi 17:19, ovvero che Abramo avrebbe avuto una discendenza attraverso Isacco, con cui Dio avrebbe stretto un patto eterno – quindi, ragionò Abraamo, Dio avrebbe fatto in modo che Isacco non morisse, oppure risuscitasse.
Un’altra cosa che è stata notata di Isacco è che probabilmente era cresciuto con una disabilità (a cui si aggiungerà la cecità che consentirà a Rebecca e Giacobbe di beffarlo in Genesi 27:1-29). Tra i vari argomenti a favore, il più convincente mi pare l’osservazione di Genesi 24:67: Isacco si era appena sposato con Rebecca, ma viveva ancora nella tenda di sua madre Sara – cosa molto strana, per un adulto del suo popolo.
Isacco, dunque, non è un riempitivo della narrazione e le letture tipologiche cristiane che vedono in lui il “tipo” di Gesù mostrano perlomeno gran fiuto...

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lunedì 3 dicembre 2018

"I Neoplatonici: il lato omoerotico di un patriota del Risorgimento" di Luca Foglia Leveque


luigi settembrini i neoplatonici sellerio
Quasi centosettanta anni fa, Luigi Settembrini, patriota del Risorgimento, scrisse una manciata di parole dal sapore sensuale e dolciastro. Intinse il suo racconto nelle spezie dell’Eros, dando così vita a I Neoplatonici. Otto brevi capitoli in cui Doro e Callicle, i protagonisti del testo, si cimentano nell’arte e nella scoperta dell’amore e del sesso tra uomini nell’antica Grecia.
Callicle, privato dal fato dei genitori, viene accolto nella casa di Femio e Doride, benestanti vicini di casa. La coppia ha già un figlio, Doro, coetaneo del piccolo orfano. I ragazzini stringono un rapporto simbiotico, tanto da farli apparire agli occhi degli ateniesi come novelli Dioscuri. Vanno a scuola assieme, si allenano, ascoltano la voce dei filosofi... e, nel giro di tre pagine, non sono più imberbi, ma muscolosi ragazzotti pronti a scoprire l’amore fisico. I due diciottenni ammirano la bellezza delle ragazze di Colitto, borgo in cui vivono. Ma è il corpo, l’uno dell’altro, il vero motivo che li spinge a scoprire l’amore. Dormono assieme, non più come fratelli ma come amanti, iniziando così a conoscere tutte le gioie del sesso. Si vogliono, si cercano, si baciano, costantemente e senza mai smarrirsi. Amano la vita e vogliono assaggiare tutti i succosi frutti che la terra offre...

Luca Foglia Leveque


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venerdì 16 novembre 2018

"Liber* di essere" di Federica Caracciolo


Scatti di non binarismo e identità queer

transfer liber* di essere
Foto di Ippolita Franciosi
La raccolta di scatti Transfer – Liber* di essere, una mostra multimediale che ha come obiettivo l’esplorazione e la decostruzione del genere, ci racconta la storia di Eva e Paolo attraverso una serie di immagini che ne ritraggono la quotidianità, in un continuo gioco di rimandi a dettagli che fanno affiorare il loro passato e i loro percorsi. Una sorta di dialogo tra i/le due che ha come scopo lo scardinamento del pensiero binario proprio della cultura occidentale (sì/no, maschio/femmina, bene/male, bianco/nero). Un confronto tra i due soggetti ritratti, un uomo trans e una donna trans, immagini proiettate a video in cui i due soggetti si tra-vestono nei panni del loro genere assegnato, pur mantenendo segni di riconoscimento del genere di elezione, in una modalità ironica e fortemente sperimentale che analizza e rappresenta la complessità transgender e il non-binarismo.
Transfer è “Un inno alla vita, al gioco, alla libertà di essere.” [1] La libertà di essere di Eva e Paolo, indipendentemente dai costrutti sociali che da sempre ci vengono imposti e di cui a volte non siamo nemmeno del tutto consapevoli. 
Eva, una donna dirompente, dal carattere forte, che non nasconde le proprie fragilità, ma sa portarle a un altro livello, trasformarle in una sicurezza e un amore di sé che rapiscono e coinvolgono, senza mai lasciare indifferenti. Eva non cerca di uniformarsi: il suo obiettivo non è il passing, non è identificarsi in un sistema di caratteristiche e valori che la società accetta, bensì decostruirli attraverso l’affermazione della propria identità e creare un sistema nuovo, in cui tutt* possano riconoscersi. Paolo è più discreto, con un umorismo pacato e l’amore per le cose semplici. Il suo cane, le grigliate tra amici, le serate allegre e le chiacchiere. Per lui, attivismo significa impegno costante per diffondere nel mondo l’importanza di creare legami sinceri e trasmettere il valore di essere se stessi sempre, nonostante tutto...

Federica Caracciolo

[1] Eva Beccati, curatrice della mostra multimediale TransFer – Liber* di essere.



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venerdì 9 novembre 2018

"Gender Dei: una questione politica" di Mario Bonfanti


Uno dei temi cari alla teologia queer è non solo l’identità di genere (e orientamento sessuale) di Gesù, ma anche (e più radicalmente) il tema del “genere di Dio”: è maschio? Femmina? O altro?
Un tema non solo “specialistico”, ma che tocca anche la vita delle Chiese cristiane: lo scorso anno, la Chiesa Evangelica Luterana svedese ha aggiornato le proprie linee guida chiedendo al suo clero di utilizzare un linguaggio gender neutral in riferimento all'Ente Supremo, al quale non ci si dovrà più rivolgere al maschile; ma anche nella Chiesa Cattolica sono in atto, da un po’ di tempo a questa parte, dei tentativi di integrare l’immagine maschile di Dio (il 10 settembre 1978 Papa Giovanni Paolo I parlò di Dio come “madre”). 
gender dei mario bonfanti


Il gender: di cosa parliamo?
Negli ultimi anni, attorno alla questione del gender si sono purtroppo addensati pregiudizi e paure che ne hanno completamente traviato il senso. E così, da termine “neutro” e per addetti ai lavori, è divenuta parola calda (se non bollente) da sbandierare a destra e a manca come spauracchio di fantomatiche trame di improbabili lobby gay. Vorrei fare, dunque, un po’ di chiarezza prima di addentrarmi nell’argomento di questo mio contributo.
Nel primo capitolo del recente saggio Sguardi sul genere. Voci in dialogo (un testo che consiglio caldamente a chi voglia acquisire conoscenze scientifiche aggiornate sul tema) Federico Ferrari, Enrico M. Ragaglia e Paolo Rigliano scrivono: “Per genere l’intera comunità scientifica mondiale intende l’insieme delle differenze tra uomini e donne, che ogni società costruisce a partire dalla propria concezione delle differenze tra corpo maschile e femminile. Tali differenze consistono in tutti quei processi – psichici, interpersonali, comportamentali e di presentazione di sé – con i quali le società trasformano i corpi sessuati (maschio/femmina/intersessuale) in identità personali socialmente riconosciute (uomo/donna) e organizzano la divisione dei ruoli e dei compiti tra donne e uomini, differenziandoli dal punto di vista sociale l’uno dall’altra.” (A cura di Paolo Rigliano, Sguardi sul genere. Voci in dialogo, 2018, Milano-Udine, Mimesis Edizioni, p. 24).
Già da questa prima citazione emerge chiaramente come la dimensione sociale e culturale siano radicalmente coinvolte qualora si parli di “genere”...

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giovedì 1 novembre 2018

Il Simposio LGBT: Il gender sul tetto che scotta

Con grandissimo piacere, annunciamo l'uscita del nuovo Simposio: Il gender sul tetto che scotta. Perché un titolo così apparentemente nonsense, per il numero dell'ottobre 2018? 
il simposio lgbt il gender sul tetto che scotta copertina

La gatta sul tetto che scotta (Cat On a Hot Tin Roof) è una commedia composta nel 1954 da Tennessee Williams e trasformata in film nel 1958 (regia di Richard Brooks). È la storia di Maggie, che è riuscita a salire la scala sociale sposando Brick Pollitt, ex campione sportivo. Peccato che quest’ultimo si sia dato all’alcolismo e non abbia mai consumato il matrimonio. Causa di entrambe le cose è, probabilmente, la mai superata passione di Brick per un compagno di squadra, morto suicida. Maggie si trova dunque ad essere una “gatta sul tetto che scotta”: pur sentendosi male in quella situazione, è decisa a non cadere, per non perdere lo status conquistato e tornare nella povertà.
Abbiamo voluto alludere a quest’opera nel titolo, perché tratta di una questione (l’omosessualità velata) legata all’ambito di cui ci occupiamo. Ma anche (e soprattutto) perché questo numero scotta in molti sensi. La parola gender ha ormai sostituito diverse paure più fruste e noiose (gli alieni, i licantropi, i vampiri…), pertanto figura benissimo sulla copertina di un numero che esce nel mese di Halloween. Come potete vedere, in copertina non scotta solo il titolo… Ringraziamo Loki, il nostro “Mister Simposio”, che ha posato per il buon Nathan e che - appropriatamente - si fa chiamare come un dio seduttore e misterioso, non di rado legato al fuoco. Ma, oltre a fotografie di nudo artistico, troverete materiali che “scottano” in senso più intellettuale: la questione della pedofilia, la transgenerità latente in tutt*, una vita rovinata (e risorta) per il coraggio di una denuncia, personaggi biblici che non ci aspetteremmo, romanzi su conflitti familiari e sentimenti inconfessati, maschi selvatici, donne sottomesse, filosofi che non pensano solo alle pure idee platoniche… Ma perché allungare il discorso? Buona lettura, e… attenti al fuoco.


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martedì 9 ottobre 2018

"Non Med: percorsi transgender non medicalizzati" di Giulia Terrosi


Domenica 8 aprile 2018, ho partecipato all’evento culturale “Non Med: percorsi transgender non
medicalizzati”. Ringrazio Nathan per avermi invitata. Ritengo sia un tema fondamentale sul percorso verso l’abbattimento di ogni discriminazione e il raggiungimento di pari diritti e pari dignità per ogni persona - e che quindi debba avere la massima diffusione. Per questo, tengo a scrivere questo pezzo con gli interventi che sono stati fatti all’evento, sperando se ne parli sempre di più.
La moderatrice era la dottoressa Monica Romano: tra le altre cose, autrice di Diurna, Storie di ragazze XY e Gender (r)evolution. 
transgender non med rizzo lari milano

Sono molto contenta di essere qui, in questa associazione, che nasce come “Circolo culturale TBGL Harvey Milk Milano” - e che, a causa della prematura e improvvisa scomparsa, nel gennaio 2017, dello storico vicepresidente Alessandro Rizzo Lari, ha deciso di dedicargli il circolo, divenendo quindi “Circolo Culturale TBIGL+ Alessandro Rizzo Lari”.
Questo è il primo evento italiano dedicato alla comunità delle persone transgender non
medicalizzate. Ricordiamo che il termine transgender è un termine ombrello che raccoglie tutte le identità ed espressioni di genere non conformi al sesso biologico. Storicamente, la comunità transgender è sempre stata divisa tra “trans operate” e “trans non operate”, rifacendosi sempre alla norma sociale. E, anche nella comunità transgender, c’è una sorta di esclusione delle persone transgender non medicalizzate, perché esistono moltissime persone transgender che ritengono che la realtà T non medicalizzata sia una realtà che non merita attenzione e cittadinanza. Mi fa piacere dire, invece, che noi dobbiamo combattere questo tipo di visione. Perché la parola “transgender” ha un senso politico e appartiene a noi tutti, indipendentemente dalle scelte che abbiamo operato in merito ai nostri corpi e al nostro percorso di autodeterminazione.
Per cui, continuiamo, come facciamo da sempre, a metterci in discussione e a mettere in discussione quelle logiche che ci dividono - e facciamolo con molta umiltà...

Giulia Terrosi

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giovedì 27 settembre 2018

"Psiche e sessualità nelle persone transgender giovani e giovanissime: un approccio medico" di Roberta Ribali


Milano, 2018

Nella nostra cultura scientifica, allo stato dell’arte di oggi, il binarismo  di genere maschio-femmina  appare concettualmente  da  accantonare, per lasciare posto a un approccio gender-fluid più corrispondente alla realtà che tutti noi, che ci confrontiamo da anni con queste tematiche, ritroviamo nella fenomenologia complessa dei nostri pazienti - e, forse, anche di noi stessi.  I termini “transgender” e “transessuale” rispecchiano ancora un certo binarismo, che sarebbe meglio accantonare, per essere pronti ad accogliere adeguatamente tutte le infinite sfumature e le sfide epistemologiche  che la realtà di fatto ci presenta oggi. 
dr. roberta ribali psicoterapeuta
Dr. Roberta Ribali

Per quanto riguarda l’identità di genere, attualmente possiamo usare i termini “disforia di genere “ e “varianza di genere” per denominare due situazioni che hanno in comune una discrepanza fra il genere cui il Soggetto sente di appartenere e il genere cui “dovrebbe” appartenere, secondo i criteri dettati dalle nostre regole sociali, strutturate e stratificate storicamente e culturalmente .
 Diverso è il vissuto individuale: disforia” indica un malfunzionamento, una sofferenza di cui il soggetto è portatore, a causa del suo sentire, mentre gender variant è il caso in cui tale discrepanza è vissuta individualmente - e soprattutto socialmente - senza evidenti disagi, come una varianza statistica.

Nemmeno il sesso biologico è binario. Esistono infinite sindromi complicate, con realtà cromosomiche  eterogenee che danno luogo a realtà di vita individuali polimorfe e fluide, che vanno sotto la denominazione  generica di intersessualità: è recente il caso di quella bimba nata XY, con vagina e  sindrome di Morris, che all’età di due anni è stata operata da solerti chirurghi che l’hanno mutilata dei suoi organi sessuali femminili per ricreare (non so come) un maschietto, che avrà sicuramente una vita molto, molto difficile…. Ma non è questo il nostro tema, anche se i criteri che noi medici siamo chiamati a proporre e seguire sono sostanzialmente simili. Rispettare lo sviluppo della personalità del bambino, senza costringerlo, con interventi autoritari o peggio con pasticci medico-chirurgici, a osservare le norme che noi adulti gli imponiamo, scegliendo per lui/lei, al  suo posto, per soddisfare nostre esigenze, che non sono necessariamente quelle volute dal soggetto che deve crescere nel rispetto di quello che si sente realmente...

Dr. Roberta Ribali- Neuropsichiatra e Psicoterapeuta-
CTU del Tribunale di Milano per le tematiche di Identità di Genere

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mercoledì 19 settembre 2018

"ICD-11: Fine delle terapie riparative" di Raffaele Yona Ladu


Il 18 giugno 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha presentato al mondo la versione “stabile” dell’ICD-11, l’undicesima edizione del suo manuale diagnostico e statistico.
Il suo scopo è rendere confrontabili le statistiche sulle malattie pubblicate in tutto il mondo: se tutti i medici del mondo usano i criteri diagnostici stabiliti dal manuale, e le autorità sanitarie di tutto il mondo pubblicano le statistiche sulla morbilità (quante persone si ammalano e di cosa) e sulla mortalità (quante persone muoiono e perché) corredandole dei codici prescritti dal manuale, codeste statistiche possono essere lette anche da chi non conosce la lingua (basta che riconosca i codici), e possono essere confrontate tra loro e sommate insieme. 

Ho detto che del manuale ICD-11 è stata pubblicata la versione “stabile”: ovvero, la struttura ad albero delle possibili condizioni da diagnosticare è ormai definitiva e, di ogni condizione, vengono mostrati (nel sito https://icd.who.int/) i codici ed una breve descrizione. Mancano i criteri diagnostici dettagliati, che verranno presentati all’Assemblea Mondiale della Salute nel maggio 2019, quando verrà adottata la versione definitiva del manuale, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022 – per dare il tempo alle autorità sanitarie mondiali di adeguarsi, predisponendo traduzioni, corsi di aggiornamento, adeguamenti software.
Il manuale non sostituisce certo lo studio della medicina e l’esperienza sul campo, ma stimola i medici e le organizzazioni sanitarie, nel bene e talvolta nel male. Se è difficile inventarsi malattie infettive o genericamente somatiche inesistenti, è più facile riuscirci nel caso dei disturbi mentali o del comportamento, in quanto le cause e gli effetti raramente appaiono al clinico con l’evidenza con cui un batterio si vede sul vetrino di un microscopio.
In questo caso il manuale diagnostico-statistico rischia di assorbire gli stereotipi sociali, e di patologizzare ciò che non fa alcun danno, ma è socialmente disapprovato. Questo è accaduto in particolare nel campo della sessualità, in quanto sono state patologizzate in passato condizioni atipiche (che riguardavano cioè delle minoranze) che non se lo meritavano...

Raffaele Yona Ladu

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mercoledì 12 settembre 2018

"Il Dio pangender" di Raffaele Yona Ladu


Introduzione

Molte divinità sono pangender – tra cui YHWH, il Dio d’Israele. Ne ha parlato il rabbino Mark Sameth, in una serie di articoli pubblicata sul New York Times e su Forward. Traduco il primo degli articoli e riassumo gli altri (che rispondono alle obiezioni ricevute); ogni versetto biblico è linkato al testo originale ebraico, nel sito della Biblia Hebraica Stuttgartensia, l’attuale versione di riferimento per chi non è ebreo ortodosso - la Biblia Hebraica Quinta, che la sostituirà, è stata pubblicata solo in parte e non è disponibile online. 



Negli anni Settanta, una mia cugina, Paula Grossman, divenne una delle prime persone in America a subire la riassegnazione chirurgica del sesso. Come Paul Monroe Grossman, la cugina Paula era stata un’amata insegnante di musica del New Jersey. Dopo l’operazione, fu licenziata, e poi perse la causa di licenziamento illegittimo perché discriminatorio (però il tribunale sentenziò che lei meritava una pensione d’invalidità). La storia fece molto scalpore, e mi piace pensare che oggi sarebbe finita diversamente [1].
Quarant’anni dopo che la Corte Suprema rifiutò di discutere il caso di Paula nel 1976, continua a svolgersi la storia delle persone transgender. Questo mese, uno studente delle superiori della Virginia ha perso il diritto ad usare il bagno che vuole lui quando la Corte Suprema ha temporaneamente inibito un provvedimento di una corte inferiore [2]. Eppure, per la prima volta si può immaginare una sentenza del plenum della Corte Suprema che vieti completamente la discriminazione contro le persone transgender. C’è davvero motivo di speranza, anche se i pregiudizi sociali non scompaiono dalla sera alla mattina.
Sono un rabbino, e pertanto sono particolarmente rattristato quando si ricorre ad argomenti religiosi per difendere i pregiudizi sociali – come spesso accade quando si discutono i diritti delle persone transgender. Infatti, la Bibbia ebraica, quando letta in originale, offre una visione del genere molto elastica. Davvero: molto elastica!
In Genesi 3:12 Eva è detta “egli”; in Genesi 9:21, dopo il diluvio, Noè si scoprì dentro la tenda di “lei”. Genesi 24:16 dice che Rebecca è un “ragazzo”. Ed in Genesi 1:27 Adamo è detto “loro”...


Note e link


[1] L’articolo è del 2016; il 7 Marzo 2018 una corte federale, in EEOC v. R.G. & G.R. Harris Funeral Homes, Inc., ha sancito che licenziare una persona che transiziona viola il Titolo VII della Legge sui Diritti Civili del 1964, che vieta le discriminazioni per sesso. E non si può usare la religione come scusa: la Legge sui Diritti Civili esprime l’interesse preminente del governo a non discriminare, e lo fa nel modo meno gravoso possibile per le credenze religiose delle persone.

[2] Nel frattempo, si è tentato di fare appello alla Corte Suprema; poiché però Donald John Trump e Jeff Sessions hanno stabilito che l’interpretazione governativa della Legge sui Diritti Civili esclude le persone transgender, la Corte Suprema il 6 marzo 2017 ha rinviato il caso alle corti inferiori. Ma il 30 Marzo 2017 un’altra corte d’appello federale, in un caso simile del Wisconsin, ha dato ragione allo studente. Probabilmente la Corte Suprema USA dovrà decidere in futuro nel merito...

Traduttore e curatore Raffaele Yona Ladu

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mercoledì 5 settembre 2018

"Ancora su Sodoma" di Raffaele Yona Ladu


 L’articolo di Padre Enrico Proserpio su Sodoma e l’onanismo pubblicato su Il Simposio - Linee che s’intersecano è fatto molto bene, ma mi permetto di proporre ulteriori considerazioni su Sodoma, da un punto di vista ebraico. 



Un interessante commento alla vicenda di Sodoma è fornito dai Vangeli – leggiamo Matteo 10:11-15 (versione Nuova Riveduta – come tutte le successive):

11 In qualunque città o villaggio sarete entrati, informatevi se vi sia là qualcuno degno di ospitarvi, e abitate da lui finché partirete.
12 Quando entrerete nella casa, salutate.
13 Se quella casa ne è degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne è degna, la vostra pace torni a voi.
14 Se qualcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scotete la polvere dai vostri piedi.
15 In verità vi dico che il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno del giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città.

Matteo 10:11-15 ha il suo parallelo in Luca 10:5-12:

05 In qualunque casa entriate, dite prima: "Pace a questa casa!"
06 Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi.
07 Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa.
08 In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti,
09 guarite i malati che ci saranno e dite loro: "Il regno di Dio si è avvicinato a voi".
10 Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite:
11 "Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi".
12 Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città.

L’accenno a Sodoma non si trova invece in Marco 6:10-11:

10 Diceva loro: «Dovunque sarete entrati in una casa, trattenetevi lì, finché non ve ne andiate da quel villaggio;
11 e se in qualche luogo non vi ricevono né vi ascoltano, andando via, scotetevi la polvere dai piedi come testimonianza contro di loro».

Nessuno dei tre vangeli sinottici prende in considerazione la possibilità che i 12 apostoli siano stuprati da chi non li accoglie, eppure Matteo e Luca minacciano alle città che li respingono un castigo della stessa qualità e di maggior gravità di quello di Sodoma...

Raffaele Yona Ladu

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sabato 1 settembre 2018

"L'urlo della mandragora" di Erica Gazzoldi

Alack, alack, is it not like that I,
So early waking - what with loathsome smells,
And shrieks like mandrakes’ torn out of the earth,
That living mortals, hearing them, run mad -
O, if I wake, shall I not be distraught,
Environèd with all these hideous fears […]?

(William Shakespeare, Romeo and Juliet, IV.III, vv. 45-50)

“Ahimè, ahimè, non è forse probabile che io,
Svegliandomi così presto - fra quegli orrendi odori,
E urla, come quelle della mandragora strappata alla terra,
Tali che i mortali viventi, nell’udirle, impazziscono -
Oh, se mi sveglierò, non cadrò nella follia,
circondata da tutti quei tremendi orrori […]?”

[...]

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‘Ashtart finì con cura di spazzare le ultime ceneri dal piccolo braciere. Raccolse i mozziconi di cera e li sostituì con nuove candele. Alzò gli occhi sull’immagine in pietra che esse dovevano onorare: la Mata-Jana, la Madre Bifronte. “Madre”, benché uno dei due volti fosse maschile.

Più cose erano state rinnovate nella Casa delle Janai, nei secoli che erano passati. Alloggi in mattoni, anziché in incannicciati. Bracieri in metallo. Sculture e maioliche, dono delle partorienti, dei malati e delle famiglie che avevano assistito con le loro arti mediche. Ormai, le consorelle Janai non si limitavano più a ricavare antidolorifici dai papaveri. Avevano una biblioteca e un laboratorio alchemico in piena regola. Ma quell’antica immagine della Mata-Jana, sbozzata in un pezzo di roccia, non era mai stata toccata.
“Lei è un dono della Madre Bifronte” aveva detto la Maggiore, quando ‘Ashtart le era stata affidata dai familiari. Aveva raggiunto l’età riproduttiva ed era ormai chiaro, sia ai parenti che al villaggio, che quel suo dirsi ragazza non era il gioco o il capriccio di un bambino. Lei sapeva che il suo petto non sarebbe mai fiorito e che avrebbe sempre avuto, fra le gambe, quell’ingombrante e ipersensibile appendice. Però, almeno, la pubertà non l’aveva rovinata quanto aveva temuto. Aveva sviluppato membra flessuose, più che robuste; la voce era più bassa, rispetto a quella delle nate femmine, ma aveva una sua sensuale morbidezza. Peluria e barba le crescevano poco; in compenso, i capelli erano fiorenti e lunghi, con una bella tinta autunnale. Per quanto riguardava il nome, le era bastato mutarlo da ‘Ashtar ad ‘Ashtart.
“L’abbiamo cresciuto come si fa con gli altri maschi” aveva mormorato suo padre alla Jana Maggiore. “Sono sempre stato presente nella sua educazione. Ha fratelli maschi, amici maschi. È coraggioso e non fiata davanti alle fatiche. Non capiamo…”
“Una ragazza di ferro” aveva sorriso la sacerdotessa. Così, ‘Ashtart era stata accolta fra le Janai. Aveva sepolto il proprio corpo efebico nelle lunghe vesti nere, truccato le palpebre col nerofumo, indossato la collana d’ossa di coniglio per presentarsi ai capezzali ove era richiesta.
Le sue consorelle non erano arrivate alla Casa allo stesso modo. A dire il vero, di modi ce n’erano molti - ed erano cambiati nei secoli. Alcune facevano domanda d’ingresso da giovani. Altre erano già vedove e con figli cresciuti. Altre ancora fuggivano da violenze domestiche, o (si vociferava) dalle conseguenze di un delitto commesso. Naturalmente, non si creavano una famiglia, cosa che sarebbe stata onerosa per la sorellanza. Ma non avevano precisi divieti sessuali. Semplicemente, coloro che restavano incinte andavano a vivere col padre del bambino, tornavano dalla famiglia d’origine o concertavano altri modi per vivere quella nuova situazione. Non che ‘Ashtart si aspettasse di trovarcisi, beninteso.
Guardò di nuovo l’immagine della Mata-Jana. Maschio e femmina, Cielo e Terra, Vita e Morte, Luce e Ombra. Un solo essere, una sola realtà, nella differenza degli aspetti.
Ebbe voglia di baciare l’effigie, ma non osò. S’inchinò e, retrocedendo, uscì dal sacello.

[...]

Il racconto fantasy completo è compreso ne Il Simposio - L'essenziale è invisibile agli occhi. Disponibile nei formati Kindle e paperback. Chi acquisterà la versione cartacea potrà avere anche quella elettronica in omaggio.