sabato 26 dicembre 2020

Una trama arcobaleno

 Introduzione

Traduco qui l’intervista a Noam Sienna, PhD, autore del libro “A Rainbow Thread. An Anthology of Queer Jewish Texts from the First Century to 1969 = Una trama arcobaleno. Un’antologia di testi ebraici queer dal Primo Secolo [dell’era volgare] al 1969”. Sebbene il libro sia stato pubblicato (nel maggio 2019) da Print-O-Craft, un piccolo editore di Philadelphia specializzato in Judaica, lo si può ordinare anche su Amazon, e probabilmente anche presso la vostra libreria online preferita.

L’intervista di David A.M. Wilensky è stata pubblicata da Jweekly.com - The Jewish News of Northern California = Le notizie ebraiche [settimanali] della California del Nord il 29 giugno 2020 per lanciare una presentazione virtuale del libro svoltasi il 6 luglio 2020; ho pensato però che fosse il caso di tradurre comunque l’intervista.

Le note tra parentesi quadre sono mie, e quasi tutti i link che trovate nell’intervista li ho aggiunti io – quello che è ovvio per un lettore californiano può non esserlo per noi.

Traduzione 

ebrei queer

L’anno prima che Noam Sienna, 30 anni, si guadagnasse il mese scorso il dottorato in storia ebraica all’University of Minnesota, aveva già pubblicato un libro innovativo. A Rainbow Thread. An Anthology of Queer Jewish Texts from the First Century to 1969 = Una trama arcobaleno. Un’antologia di testi ebraici queer dal Primo Secolo [dell’era volgare] al 1969” raccoglie fonti primarie di e sugli ebrei queer che risalgono a molto prima di quello che la maggior parte delle persone avrebbe ritenuto possibile. Alcune sono documenti giuridici, altre sono poesie. Vanno dallo scioccante al commovente. E molte non sono mai state pubblicate prima.

Sienna, che vive a Minneapolis, discuterà il libro il 6 luglio ad un evento virtuale sponsorizzato da The Jewish Community Library [at JCCSF – ovvero la biblioteca della comunità ebraica di San Francisco], Afikomen Judaica [un negozio di articoli e libri ebraici a Berkeley], e la congregazione Sha‘ar Zahav [una comunità riformata di San Francisco]...


A cura di Raffaele Yona Ladu


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lunedì 7 dicembre 2020

DON’T ASK DON’T TELL- Reticenze, menzogne e political correctness

Non si può dire tutto ciò che si pensa. O meglio: non si deve dire tutto ciò che si pensa. Poter dire è possibile: basta aprire la bocca e articolare le parole. Ma, nella realtà, c’è un filtro potente, inesorabile e ed inappellabile: sappiamo benissimo che esiste. 

don't ask don't tell

E sappiamo che non siamo liberi di esprimere tutto ciò che pensiamo.

Più di un secolo fa, qualcuno ha immaginato l’esistenza di un Super-io: un’istanza potentissima, che condiziona il nostro Io sia nelle azioni, sia (soprattutto) nei desideri, coscienti ed inconsci, e nel susseguente senso di colpa.

Oggi, abbiamo un nuovo padrone, nella nostra cultura, che si somma a questo, anche se su piani differenti: è il Politically Correct, una griglia che appartiene alla sfera della consapevolezza, e che viene applicata automaticamente, non ai nostri pensieri profondi, bensì alle nostre azioni e alle nostre esternazioni.

Dipende, nella sua struttura, dalla latitudine e dalla longitudine a cui ci troviamo, dal contesto politico, dal gruppo in cui ci muoviamo, ma anche modestamente dal tavolo di famiglia o dal bancone del bar su cui beviamo il caffè...


Dott.ssa Roberta Ribali


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