sabato 2 gennaio 2021

Silvia è un anagramma

 

silvia è un anagramma franco buffoni
Silvia, rimembri ancora

Quel tempo della tua vita mortale,

Quando beltà splendea

Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

E tu, lieta e pensosa, il limitare

Di gioventù salivi?



 

Questi versi di Giacomo Leopardi (Recanati, 1798 - Napoli, 1837) saranno suonati ben familiari a qualsiasi lettore. In essi, il nome di “Silvia” è un anagramma: quello di “salivi”, la parola in chiusura della strofa. Era anche uno pseudonimo, dato che la dedicataria (la figlia del cocchiere di casa Leopardi) si chiamava Teresa. Oltre a ciò, “Silvia” è un modo obliquo per parlare del senso di esclusione dalle gioie della vita (quelle amorose nella fattispecie) cronicamente provato dal giovane Giacomo. Un’esclusione non dovuta tanto all’aspetto fisico, ma probabilmente alla sua omosessualità, come deduce Franco Buffoni.

            Dopo Due pub, tre poeti e un desiderio (Milano 2019, Marcos y Marcos), il poeta biografo torna ad analizzare le vite e gli scritti di altri tre autori. Una volta occupatosi del mondo anglosassone con George Byron, Oscar Wilde e W.H. Auden, Buffoni è tornato idealmente in Italia, per parlare di Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli ed Eugenio Montale. Essi sono l’argomento del saggio Silvia è un anagramma (Milano 2020, Marcos y Marcos).

            Tutti e tre hanno avuto una vita sentimentale e un rapporto col mondo femminile a dir poco peculiare. Però, nessuno degli accademici che hanno trattato della loro vita ha mai osato ipotizzare apertamente che ciò fosse dovuto all’omosessualità. È quello che l’autore chiama “neutro accademico eterosessuale italiano”: ovvero, il dare per supposto che un grande poeta (ove non esplicitamente indicato) sia eterosessuale, considerando questa opzione come “ovvia” e “normale”. Eppure, comprendere se un autore fosse o meno attratto dalle donne getterebbe luce sul significato di buonissima parte della sua opera, perlomeno laddove essa tratta degli affetti e del suo senso di “diversità” rispetto al resto degli uomini. Lungi dall’essere un pettegolezzo biografico, l’eventuale omosessualità di un poeta sarebbe una chiave d’interpretazione cruciale...


Erica Gazzoldi


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3 commenti:

  1. Risposte
    1. La poesia ha senso in qualsiasi epoca, perché ha infinite forme per adattarsi. Certo, è un discorso incomprensibile per chi è rimasto allo Stilnovo e a Petrarca (con tutto il rispetto per entrambi); ma questo è un altro paio di maniche.

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  2. Ha più un senso la poesia oggi?

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