Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Questi versi
di Giacomo Leopardi (Recanati, 1798
- Napoli, 1837) saranno suonati ben
familiari a qualsiasi lettore. In essi, il nome di “Silvia” è un anagramma: quello di “salivi”, la
parola in chiusura della strofa. Era anche uno pseudonimo, dato che la
dedicataria (la figlia del cocchiere di casa Leopardi) si chiamava Teresa.
Oltre a ciò, “Silvia” è un modo obliquo per parlare del senso di esclusione
dalle gioie della vita (quelle amorose nella fattispecie) cronicamente provato
dal giovane Giacomo. Un’esclusione non dovuta tanto all’aspetto fisico, ma
probabilmente alla sua omosessualità, come deduce Franco Buffoni.
Dopo Due pub, tre poeti e un desiderio (Milano 2019, Marcos y Marcos),
il poeta biografo torna ad analizzare le vite e gli scritti di altri tre
autori. Una volta occupatosi del mondo anglosassone con George Byron, Oscar
Wilde e W.H. Auden, Buffoni è tornato idealmente in Italia, per parlare di Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli ed Eugenio Montale. Essi sono l’argomento
del saggio Silvia è un anagramma (Milano 2020, Marcos y Marcos).
Tutti e tre hanno avuto una vita
sentimentale e un rapporto col mondo femminile a dir poco peculiare. Però,
nessuno degli accademici che hanno trattato della loro vita ha mai osato
ipotizzare apertamente che ciò fosse dovuto all’omosessualità. È quello che
l’autore chiama “neutro accademico
eterosessuale italiano”: ovvero, il dare per supposto che un grande poeta
(ove non esplicitamente indicato) sia eterosessuale, considerando questa
opzione come “ovvia” e “normale”. Eppure, comprendere se un autore fosse o meno
attratto dalle donne getterebbe luce sul significato di buonissima parte della
sua opera, perlomeno laddove essa tratta degli affetti e del suo senso di “diversità”
rispetto al resto degli uomini. Lungi dall’essere un pettegolezzo biografico,
l’eventuale omosessualità di un poeta sarebbe una chiave d’interpretazione
cruciale...
Erica Gazzoldi
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Ha più un senso la poesia oggi?
RispondiEliminaLa poesia ha senso in qualsiasi epoca, perché ha infinite forme per adattarsi. Certo, è un discorso incomprensibile per chi è rimasto allo Stilnovo e a Petrarca (con tutto il rispetto per entrambi); ma questo è un altro paio di maniche.
EliminaHa più un senso la poesia oggi?
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