martedì 5 gennaio 2021

Binarismo o bimodalità

 Mi è capitato di imbattermi in questo articolo del Professor Jerry Coyne, e credo che meriti una critica.

Intanto, il titolo “In difesa del binarismo dei sessi umani” semplifica troppo quello che l’autore stesso afferma qui:

Ad essere ben più precisi, il sesso biologico negli umani è bimodale: se fai un grafico della frequenza mettendo il “sesso” sull’asse delle X e “frequenza degli individui che si conformano a tal sesso”, ti trovi con una bella punta in corrispondenza del “maschile” ed un’altra bella punta in corrispondenza del “femminile”, e poi alcune piccole spine tra i due che corrispondono agli ermafroditi od intersessuali. 

binarismo

A livello molto divulgativo, non troverei niente da obbiettare; ma mi sono letto recentemente un testo di biostatistica (Wayne W. Daniel, Biostatistica. Concetti di base per l’analisi statistica delle scienze dell’area medico-sanitaria. Seconda edizione, 2007, Napoli, EdiSES), il quale, ad onta della sua vetustà (ne è uscita la terza edizione nel 2019), mi mette in guardia dall’ipotetico grafico del Prof. Coyne.

Infatti nell’asse delle X egli rappresenta una variabile che ha pensato come discreta, anzi binaria (il sesso biologico), e che ha cercato di rendere continua per includere gli intersessuali. Ma non ha spiegato come posizionare le diverse forme di intersessualità (anzi, i diversi individui intersessuali) lungo l’asse delle X.

Ci vorrebbe una tecnica di misura capace di stabilire quanto una persona è maschio e quanto una persona è femmina (sulla base delle diverse caratteristiche corporee, ad ognuna delle quali occorrerebbe attribuire un peso), ed esprimere il risultato con un numero razionale o reale.

Coyne non ha proposto questa tecnica (non so se altri l’abbiano fatto), quindi il grafico che propone, con una variabile indipendente (il sesso) continua ed una funzione di probabilità (la frequenza) continua, rimane una generica astrazione senza significato perché non ha spiegato come rendere continua la variabile sesso. Queste sono le cose che ti puoi permettere in un blog, ma ti costerebbero la bocciatura in un esame universitario – figuriamoci in un articolo per una rivista peer-reviewed.

E non è che lo ha fatto solo perché una tecnica simile sarebbe alquanto complicata e soggetta ad arbitrio (sarebbe bello se la proponesse una commissione medica internazionale), ma perché i risultati si spalmerebbero in un intervallo, tra il “maschio al 100%” e la “femmina al 100%”, ovvero distribuiti in uno spettro.

Anche se è praticamente certo che la distribuzione di probabilità di codesti risultati sarebbe bimodale, ovvero con due massimi verso gli estremi della mascolinità e della femminilità, il Prof. Coyne si troverebbe obbligato a convenire con i colleghi che vuol contestare...


Raffaele Yona Ladu

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