Oggi, 27
gennaio 2018, è scaduto il mio terzo mandato come presidente. Ormai da mesi,
avevo preso la decisione di non ricandidarmi. Ho individuato un ottimo
successore in Leonardo Meda, che si è affiancato a me nel lavoro di
far crescere il Milk già pochi mesi dopo dall’inizio della mia presidenza, e che
ne incarna lo spirito inclusivo e la vicinanza ai temi B e T.
La mia
avventura nell’attivismo LGBT è iniziata nel 2008. Prima di allora,
avevo avuto molta difficoltà a comprendere la mia condizione, per via della
poca informazione che circolava in rete. E perché, per le persone T di genetica
XX, è più difficile auto-individuarsi come tali, per via della confusione
sociale tra identità di genere e ruolo di genere, che fa sì che una persona XX
“maschile” sia tollerata e inclusa dalla società, soprattutto se molto
giovane, e non “pensata” come persona LGBT (o addirittura T).
Quando
iniziai ad individuarmi come persona T, sapendo che era possibile esserlo anche
per noi XX (avevo visto un ftm in un talk show dell’anno 2000, e parlarne a
scuola non mi aveva illuminato; poi, nulla per molti anni), e per noi XX
attratti da uomini (avevo sentito parlare di Deborah Lambillotte,
storica attivista translesbica, e avevo visto i film di Almodóvar), mi chiesi
quali fossero gli spazi che avrebbero incluso una persona LGBT come me, in
una condizione così particolare.
Nonostante,
ai tempi (viste la giovane età e la corporatura non formosa), non avessi
problemi di passing, era comunque difficile spiegare nelle associazioni
la mia condizione. Trovai le uniche aperture da parte dell’allora Circolo
di Cultura Omosessuale Milk Milano.
Fu il primo posto in cui mi sentii accolto, anche se (probabilmente, senza cattiva fede) mi sentii “spinto” ad espormi in un momento in cui non ero ancora pronto: non tanto perché non sapessi chi fossi, ma perché non sapevo quanto (essendo allora neolaureato e uno dei tanti “galoppini” a prestazione occasionale negli studi tecnici) volessi espormi come attivista transgender, in un momento in cui il mio aspetto già generava interrogativi in chi interagiva con me per lavoro.
Fu il primo posto in cui mi sentii accolto, anche se (probabilmente, senza cattiva fede) mi sentii “spinto” ad espormi in un momento in cui non ero ancora pronto: non tanto perché non sapessi chi fossi, ma perché non sapevo quanto (essendo allora neolaureato e uno dei tanti “galoppini” a prestazione occasionale negli studi tecnici) volessi espormi come attivista transgender, in un momento in cui il mio aspetto già generava interrogativi in chi interagiva con me per lavoro.
Trovai
un lavoro da dipendente e dedicai tutto il mio tempo libero all’attivismo. Poco
dopo, il presidente di allora, Stefano, partì per il Nord Europa, per far
crescere la sua professione. Ricordo le sue parole, il giorno delle sue
improvvise dimissioni da presidente. Era il 2010 e io ero consigliere nel
direttivo. “Ho 33 anni e sono stato presidente finché ne ho avute le energie“.
Stefano scelse di nutrire la sua vita e la sua carriera, come me,
dimissionario, guarda caso anch’io a 33 anni...
Nathan
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