giovedì 26 settembre 2019

In her rooms: intervista con Maria Clara Macrì




“Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?” (Olympe de Gouges, 1791). 
maria clara macrì in her rooms


Così inizia il Manifesto di Rivolta femminile e a questo sembra ispirarsi l’ambizioso progetto fotografico di un’artista alla ricerca di autenticità e connessione tra corpi.

Maria Clara, infatti è una fotografa professionista. “I share empaty” è la frase della sua bio di Instagram (inserire l’url https://www.instagram.com/meryornot/?hl=it ) e costituisce il manifesto del suo personale politico.
Ci conosciamo da anni, innamorate della stessa terra, il Cilento, dove cerchiamo sempre il tempo di tornare. 
Ho appena comprato una sua fotografia, così preparo un caffè per conoscere bene il progetto In her rooms, di cui fa parte lo scatto che ha rapito i miei sensi.

Una delle mie opere preferite, fra quelle create da te, è quella che ritrae due ragazze giovanissime sedute sul pavimento della stanza, una dietro l’altra, come se si trattasse di un corpo solo. Mi ha colpito così tanto che ho l’ho comprata.



Si, le due ragazze sono: Lina Benz, che è per metà algerina e per metà francese, e Elena Marant, che è la nipote della designer Isabelle Marant. Tramite Instagram, ho conosciuto Lina, che seguiva il mio lavoro perché è anche lei una fotografa. L’estate scorsa, mi ha contattata, dicendomi che voleva essere fotografata da me perché desiderava far parte di questo progetto. Le ho subito risposto che mi avrebbe fatto piacere, spiegandole che, per il mio lavoro, cercavo di raggruppare le ragazze a Parigi, chiedendole quindi se conoscesse qualche altra ragazza interessata. A quel punto, mi ha parlato di Elena, la sua amica, che sarebbe stata molto contenta di partecipare. Lina, in ogni caso, vive con la sua famiglia; quindi, abbiamo deciso di fare il servizio fotografico da Elena, come ti anticipavo Lina è fotografa ed Elena videomaker/regista; sono giovanissime, ventenni; vanno all’università e passano la maggior parte del tempo a casa di Elena. Quel salottino dove è stata scattata la foto è teatro delle loro creazioni è il luogo del loro studio, del loro stare insieme come amiche, quasi sorelle. 
Lina ed Elena sono molto complici ed io ho trovato la cosa molto interessante. Quando, poi, mi hanno spiegato che si fotografavano a vicenda, mi sono esaltata ancora di più, perché ho pensato che fossero l’una la musa dell’altra...



Intervista a cura di Rita Ricciardelli


Prosegue su Il Simposio - Diamanti. Disponibile on line nella versione Kindle paperback. Chi ne ordinerà una copia cartacea riceverà quella elettronica in omaggio.

giovedì 19 settembre 2019

Il Cristianesimo: una religione rivoluzionaria



Nota introduttiva: questo articolo non parla di tematiche lgbtqia, ma tratta un argomento basilare da cui si può partire per affrontare il rapporto tra le persone e i temi lgbtqia e la religione cristiana. Credo quindi possa tornare utile. 
cristianesimo religione rivoluzionaria

Oggi siamo abituati a vedere nel Cristianesimo una forza conservatrice, spesso bigotta, ostile ai diritti e al progresso. Ciò è sicuramente dovuto all’uso che della religione hanno fatto le varie Chiese (e primariamente quella Cattolica Apostolica Romana) per giustificare le proprie posizioni politiche e il proprio potere. Si intenda, non voglio dire che tutti coloro che nel nome del Cristianesimo hanno inveito contro il progresso, compiendo anche atti violenti (si pensi ai roghi della Santa Inquisizione) fossero in malafede. Sono certo che molti di essi credessero realmente di essere nel giusto, ma ciò non toglie che questo tipo di mentalità e di pensiero derivasse più dal sistema di potere politico, economico e sociale che non dal messaggio evangelico. Questo, infatti, fu, ed è ancora, rivoluzionario, come dimostrano anche alcuni fatti recenti. Nel 2010, per esempio, in occasione della visita pastorale di Benedetto XVI a Palermo fu censurato uno striscione che riportava una frase del Vangelo di Matteo: “La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri” (Matteo, capitolo 21, versetto 13). Evidentemente la Scrittura era ritenuta troppo “sconveniente” per la visita del Papa. Un altro esempio lo abbiamo avuto in tempi molto più recenti, quando un ragazzo, era il 3 giugno 2019, si è recato a un comizio di Matteo Salvini con una sciarpa che riportava la scritta “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Marco, capitolo 12, versetto 31). Il ragazzo è stato picchiato da alcuni sostenitori del ministro, il quale ha anche deriso la vittima dal palco. Anche per coloro che si ergono a “difensori della fede” e invocano l’aiuto del “Cuore Immacolato di Maria” il Vangelo è troppo scomodo.



La natura rivoluzionaria del Cristianesimo è talmente connaturata al suo messaggio che nemmeno due millenni di tentativi di asservirlo alle logiche del potere sono riusciti a cancellarla. La storia è costellata di credenti che in nome di Cristo si sono ribellati al potere e alla sua prepotenza, contestando l’uso indebito della religione. Alcuni, come Pietro Valdo o Fra Dolcino da Novara, furono condannati come eretici, altri, come San Francesco d’Assisi, ebbero maggior fortuna.
Sull’origine della rivoluzionarietà del Cristianesimo si potrebbe disquisire a lungo, ma credo si possa disegnare un quadro anche con pochi spunti, partendo dall’Antico Testamento e dalla storia...

Padre Enrico Proserpio


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mercoledì 11 settembre 2019

"Diurna": essere transgender alla luce del sole



Diurna, la transessualità come oggetto di discriminazione (editore Costa & Nolan, 2008) è un libro di Monica Romano, attivista transgender, femminista e scrittrice. 
monica romano diurna transessualità

Ho letto Diurna d’un fiato, in una notte, prendendo appunti,  senza riuscire a smettere.  Dentro, vi ho ritrovato, espressi in modo potente, dettagliato e documentato, gli snodi filosofici e politici, le chiavi interpretative – comuni a varie forme di oppressione -  che guidano i miei attivismi, i campi in cui ogni giorno mi muovo. Alla fine della lettura, la consapevolezza che tutti i meccanismi di oppressione, pur nella loro specificità, presentano caratteristiche comuni, che rendono evidente l’importanza di  un'alleanza dei corpi.
 Al contempo, ho provato sconforto, in quanto proprio il fatto che questo testo renda così chiari i termini del dibattito e della discriminazione porta a  focalizzarsi su quello che (a mio avviso) è il voluto  mantenimento di una determinata  ignoranza  sul tema transgender, a oggi ancora più estesa rispetto ad altre categorie di oppresse e oppressi.  Ritengo che il problema sia innanzitutto a livello istituzionale, in quanto la scuola, che dovrebbe essere uno degli strumenti fondamentali per veicolare conoscenza sugli aspetti cardine del nostro vivere comune, non offre programmi adeguati di informazione in tal senso, ma anche a livello mediatico, dato che, ancora oggi, delle persone transgender si continua a parlare prevalentemente in contesti di gossip, cronaca nera e con sfumature dal macchiettistico al morboso.


Il libro è potente, molto potente. Perché? Innanzitutto, perché travalica quello che spesso pare essere il massimo che si possa pretendere da un potere vigente: paternalismo e carità. Il fine non è tranquillizzare l’ordine ciseteronomartivo, ma scardinarlo. Infatti, già nella prefazione di Diana Nardacchione, si trova espresso il concetto per cui quando un potere non riesce più a difendersi, con la violenza o con la censura, cerca di ridurre il dispendio delle energie concedendo  la “tolleranza”, definita come quell’atteggiamento per cui viene concesso alle nuove idee di essere espresse, a patto che non mettano troppo in discussione l’ideologia vigente tacitamente o implicitamente considerata come sovraordinata, o normale, o naturale. Tuttavia, accadono poi i sovvertimenti, le  rivoluzioni, e il mondo può cambiare radicalmente, non soltanto nelle parole, e  i cosiddetti diversi non devono più preoccuparsi di proclamarsi innocui (nel senso di "non minanti l’ordine tradizionale"), in quanto i concetti di normalità e diversità non avranno più alcun senso logico, saranno un'illusione del passato...

Silvia Molè


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martedì 3 settembre 2019

Da Urano con orgoglio: la storia di Karl Heinrich Ulrichs


karl heinrich ulrichs
Karl Heinrich Ulrichs

Il 28 giugno di quest’anno, si sono celebrati i 50 anni da quella che è giustamente vista come una delle pietre miliari nella costruzione di un moderno movimento di liberazione LGBTI+. Quell’atto di ribellione da parte di persone trans*, gay, lesbiche, bisessuali contro l’ennesimo controllo di polizia dalle modalità omotransfobiche. In questo caso all’interno dello Stonewall Inn, locale situato nel Greenwich Village di New York. Non fu la prima protesta di questo tipo e non pose nemmeno fine ai raid polizieschi in locali frequentati da persone LGBTI+. Contribuì però sicuramente al risveglio in molte di queste persone di uno spirito ribelle, non più disposto ad aspettare inerme che la società potesse cambiare atteggiamento nei loro confronti, ma intenzionate ad essere loro le artefici di un cambiamento della società stessa. Il lungo cammino di liberazione che avrebbe portato ai Moti dello Stonewall Inn era però iniziato oltre un secolo prima e con modi che oggi potrebbero apparire superati, ma che all’epoca furono altrettanto rivoluzionari. 
Nel corso del XIXesimo secolo, infatti, un numero considerevole di intellettuali, scienziati, medici europei cercò di combattere contro i pregiudizi e le leggi apertamente omotransfobiche in vigore presso la stragrande maggioranza delle nazioni del Vecchio Continente.  
Tra le figure più importanti per la nascita di quello che oggi è indicato come movimento pre-omofilo, ovvero il primo movimento di liberazione delle persone omosessuali (ma aggiungerei anche delle persone trans*, in alcuni casi), ci fu il tedesco Karl Heinrich Ulrichs, nato il 28 agosto del 1825 nel villaggio di Westerfeld, nella Germania nord occidentale, all'epoca facente parte del Regno di Hannover.


Sin da giovanissimo capì di provare attrazione per persone dello stesso sesso e, nel 1839, all'età di quattordici anni, ebbe il suo primo rapporto sessuale con il suo istruttore di equitazione.
Dopo essersi laureato in diritto e teologia all'Università di Göttingen nel 1846, completò i suoi studi in storia all'Università di Berlino. Trovò poi lavoro come consulente legale ufficiale presso la corte distrettuale di Hildesheim, sempre nel Regno di Hannover; ma, nel 1859, venne licenziato proprio a causa della sua omosessualità.
Tre anni dopo, prese coraggio e decise di rivelare il proprio orientamento sessuale alla famiglia e agli amici. Nello stesso periodo, iniziò anche a scrivere, sotto lo pseudonimo di Numa Numantius, i suoi primi cinque saggi, raccolti nel volume Forschungen über das Rätsel der mannmännlichen Liebe (Studi sugli enigmi dell'amore tra uomo ed uomo)... 


Luca Locati Luciani


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