Qualche anno fa, mi hanno spiegato che, oltre agli attivisti MRA, ci sono gli “attivisti” Incel e“ RedPillati”. Curioso come una scimmia, ho provato a capire qualcosa di più su questo movimento. La cosa che mi incuriosiva era che, per una volta, era la “maggioranza” (non che “le donne” siano una minoranza!), ovvero gli uomini etero, a voler costruire impalcature sociologiche per analizzare vantaggi e svantaggi di quello che noi attivisti LGBT chiameremmo “binarismo di genere”.
Mi incuriosiva il fatto che qualcuno, quelli che noi LGBT e le femministe consideriamo “privilegiati”, ragionassero sullo “svantaggio” di essere uomini biologicamente maschi ed eterosessuali, in un mondo “binario” che si basa sui ruoli di genere. Mi interessava cercare di capire il “contraccolpo del privilegio”, in quanto io sono una persona LGBT, ma sono anche un uomo (sebbene non eterosessuale) e, soprattutto, perché non mi sono mai definito “femminista”, ma “antibinario”. Ho deciso di capire se potesse esserci qualcosa di fondato nella cosiddetta RedPill, anche se non condividevo per nulla come essa venisse promossa e presentata, almeno in lingua italiana. Prima, però, è il caso che io spieghi a chi mi sta leggendo cosa sia questa RedPill e a che conclusioni sono arrivato studiandola.
Cos’è questa RedPill
Non so quando la teoria RedPill sia nata, ma, esaminando Google Trends, nel 2014 questo termine ha registrato una veloce crescita nelle ricerche. Ha raggiunto un picco nel 2017, proprio quando io ne avevo sentito parlare. Il nome è tratto dal film Matrix, anche se le due registe transgender non avrebbero mai pensato che qualcuno ne avrebbe fatto questo utilizzo, e il fenomeno è legato a doppio filo al movimento AltRight americano, della destra “alternativa”, che sostiene che il “vero” discriminato, oggi, sia l’uomo eterosessuale bianco. La teoria sostiene che l’uomo etero “risvegliato” dalla pillola rossa sia in grado di capire che la donna, “per natura” (e qui vi è grande distanza dal movimento antibinario, che sostiene che i ruoli siano culturali), cerca la sicurezza di un uomo protettivo e potente che la mantenga e che, quindi, abbia potere, soldi e “bellezza”. Andando, però, negli spazi redpillati, si scopre che hanno un loro concetto di bellezza basato sulla simmetria del viso, verificabile da alcune strane app che danno ad ogni viso un votodall’1 al 10. In una pratica che ha sfumature omoerotiche, i redpillati condividono foto per avere conferme o smentite sul voto da 1 a 10 che essi danno a se stessi da parte degli altri maschi redpillati. Inoltre, la teoria sostiene che sia stato il Sessantotto e la successiva libertà sessuale a permettere, tramite la caduta dei “matrimoni combinati”, a tutte le donne ad ambire a uomini più belli e ricchi, lasciando a bocca asciutta i brutti, i poveri, e gli ignoranti. Il movimento, quindi, spera in un ritorno alla società precedente all’emancipazione femminile, quella che per noi attivisti, invece, non è ancora sufficiente.
Molti uomini redpillati sono di destra e cattolici.
I loro gruppi sono, più che altro, spazi da “gruppo di autoaiuto”, in cui, spesso con commenti gratuitamente misogini (addirittura, le donne sono chiamate le NP, o le ennepì, le “non persone“), gli uomini protestano sui rifiuti ricevuti, chiarendo che queste donne sono dei 3, dei 4, dei “cessi a pedali” e non si capisce come abbiano potuto respingere loro. Inoltre ,sostengono che le donne siano attratte prevalentemente da uomini mascelloni e violenti e scartino i “sensibili uomini beta”; ma, spesso, si dimostrano loro stessi violenti, in questi sfoghi pieni di insulti e minacce. I personaggi peggiori, invece, giustificano stupri e molestie, dicendo che sono le donne a “cercarsela”. È chiaro che, se il loro movimento voleva essere una critica ai ruoli di genere (quelli che vogliono che l’uomo sia galante, offra cene e venga scartato se non abbastanza macho o in carriera), poiché essi paradossalmente danneggiano anche l’uomo etero (pressato dalle aspettative di forza e dominanza, scartato per qualcuno di più autoritario), esso fallisce e si perde in una serie di sfoghi gratuiti, violenti, pieni di body shaming alle donne, senza nessuna vera proposta, se non quella di tornare a quando vigeva “la legge del più forte” e la donna doveva sposare chi la sceglieva, senza poter scegliere, e dove i ruoli di genere da cui si sentono oppressi erano ancora più marcati...
Nathan
Prosegue su: Il Simposio - Quell* come noi. Disponibile su Amazon come Kindle e cartaceo.
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