mercoledì 29 settembre 2021

Cancel culture e politically correct

 Da quando è scoppiato il movimento del “black live matters”, con le relative rivendicazioni, i detrattori hanno cominciato ad accusare gli attivisti per i diritti delle minoranze di voler “cancellare” tutto ciò che non piace loro e di voler imporre la cultura della minoranza a tutti. Questa retorica si nutre spesso e volentieri di vere e proprie falsità, di fatti alterati, o inventati di sana pianta e del vittimismo dei privilegiati che non accettano l’idea di non poter più denigrare gli altri. Inoltre, come sempre fanno certe destre fasciste o fascistoidi, questi “signori” accusano i movimenti per i diritti delle minoranze di voler fare ciò che loro fanno da sempre: cancellare gli altri e discriminare. 

Cancel culture

Partiamo da alcuni episodi per sviluppare il discorso. 

Uno dei casi che più hanno fatto discutere è la presunta “censura” dei classici, accusati, a detta di certa stampa, di essere “maschi bianchi”. Tutto parte dalla Howard University di Washington, una delle storiche università per afroamericani, che si è vista costretta, per questioni economiche, a chiudere il dipartimento di studi classici. I corsi di studio, però, non sono stati eliminati, ma “trasferiti” sotto l’egida di altri dipartimenti. I fatti, però, sono subito stati alterati, fino all’accusa di voler censurare gli autori classici solo perché “maschi bianchi” e quindi, di default, “suprematisti”. Qui vediamo all’opera uno dei classici meccanismi della propaganda delle destre razziste: alterare le accuse dei movimenti per i diritti in modo da creare caos. Gli attivisti di questi movimenti, infatti, non sostengono certo che tutti i bianchi siano suprematisti e razzisti, ma alle destre fa comodo che lo si creda...

Enrico Proserpio

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