Angelo
alzò gli occhi, stillanti di sonno, verso lo specchio reclinabile che guardava
il suo letto. Tra i colori attorcigliati di un patchwork e il bianco incerto delle lenzuola, gli rispose un’esile
ed alta figura in pigiama grigio.
Pietro Perugino, San Sebastiano (1493-94 circa) |
Onde
arruffate di capelli castani rampicavano sulle spalle e sulla nuca. Gli piaceva
tener sciolti i capelli anche sul cuscino. Le guance ceree e affusolate erano velate
da un’anima rosa - la stanza era calda e riusciva a dargli un po’ di colore in
viso. Gli occhi che lo guardavano erano marroni e perplessi. Altre volte, li
aveva trovati languidi. Da ragazza o da bambina, gli veniva da pensare. Si era
ripetuto tante volte che “non doveva badare a quegli stupidi luoghi comuni”. Ma
non riusciva a liberarsi da un imbarazzo: che quel suo corpo flessuoso,
carezzevole e candido dovesse dirsi “di maschio”. Alle soglie del quarto di
secolo, quasi non gli cresceva un pelo di barba.
Sceglieva
spesso amicizie transgender, quasi
per cercare comprensione o conferme. Ma non era detto che riuscisse a
riceverne. No, non avrebbe voluto essere un bruto tozzo e peloso. Ma anche
all’idea di transizionare, di essere donna,
sentiva che non sarebbe stata quella la sua strada.
Amava le
ragazze, sia come partner che come modello estetico. Ma non sopportava le
contorsioni psicologiche e le fatuità di molte sue coetanee. Coi ragazzi, poi,
doveva stare attento. Ci voleva poco a sentirsi dare della “checca” o della
“femminuccia”. Naturalmente, non glielo dicevano in faccia. Ma battute e mezze
voci, dopo giri tortuosi, arrivavano anche a lui. Gli unici che gli avessero
dimostrato un’incrollabile amicizia erano soggetti “insospettabili”: metallari virilissimi,
o persone in odore di estremismo politico. Della prima categoria, faceva parte
Maurizio. Criniera leonina di capelli mori, barba altrettanto mora e occhi
accesi come carboni. Quando non indossava magliette dei suoi gruppi preferiti,
optava per camicie scure: perennemente semiaperte (tempo permettendo), a
rivelare la vivace peluria sul suo petto olivastro. Da esso, usciva una voce
potente e ringhiosa, quando cantava - ma burberamente carezzevole verso gli
affetti. Come Angelo.
«Stammi
bene, piccolo!» lo salutava sempre, con una misurata pacca sulla spalla e un
breve abbraccio. Angelo, per quell’istante, si beava: del calore di Maurizio,
del suo cuore sano, della sua figura alta e robusta...
Erica Gazzoldi
Continua su: Il Simposio - Linee che s'intersecano. Disponibile nelle versioni Kindle e paperback.
Mi segno volentieri il libro, grazie del post.
RispondiEliminaJacopo (traduttore di A. Waleys)
Grazie a te! :D
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