Le
mitologie antiche sono sempre fonti affascinanti per l’indagine della psiche
umana e di ciò che essa è in grado di concepire. Lo sono, in particolare, per
quanto riguarda la sessualità.
Nel campo dell’orientalistica, ci si
può così imbattere in una figura divina molto particolare: la dea mesopotamica Ishtar, conosciuta anche come Inanna (presso i Sumeri) o come Shaushga (presso gli Hurriti dell’Anatolia sudorientale). Ella è
associata, principalmente, all’amore e alla guerra, ma anche al cielo e alla
vegetazione; nel mito sumerico detto Inanna
agli Inferi, è sorella di Ereshkigal, regina dell’oltretomba, e ha ella
stessa una fama ferale. Secondo l’assiriologo Giovanni Pettinato (2001), gli
Inferi a cui Inanna deve recarsi per visitare la sorella potrebbero essere
nient’altro che l’area montagnosa dell’attuale Iran, intesa come “paese del
non-ritorno”. Lo stesso studioso (2001) associa più volte Inanna all’astro
Venere. Esso, secondo il filologo e orientalista Wolfram von Soden (1985), è
sempre presente nelle religioni semitiche antiche, fra le divinità astrali
principali: il Sole, la Luna e - per l’appunto - Venere. Secondo i suoi studi,
a quest’ultimo pianeta era associata - in Arabia meridionale - una divinità
maschile; in Siria, invece, accanto al dio ‘Ashtar, esisteva la dea ‘Ashtart,
poi affermatasi fino a rimanere l’unica. Abbastanza evidente è la somiglianza
della radice consonantica di questi nomi con quella di “Ishtar”, nome assiro-babilonese
della dea.
Quest’ultima era la patrona della
città-stato di Uruk (3500 - 3000 a.C.), in Bassa Mesopotamia, dove le era
dedicato il complesso templare detto Eanna.
Senza il favore - anzi, i favori - di Ishtar, nessun re poteva considerarsi
veramente tale. Ne è testimone anche la celebre Epopea di Gilgamesh, la
cui versione classica è del XII sec. a.C., è riportata su tavolette risalenti
all’ ‘800-‘700 a.C. ed è stata rinvenuta nella biblioteca di Assurbanipal a Ninive, in Assiria...
Erica Gazzoldi
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