Il diritto di godere fuori dagli schemi
Abbiamo celebrato da poco la Giornata Internazionale contro l’omobitransfobia (17 maggio) e ci apprestiamo, in Italia, all’annuale stagione dei Pride, proprio nel bel mezzo di una annosa querelle attorno alla proposta di legge (l’ormai notissimo DDL Zan) che vorrebbe ampliare le tutele previste dalla Legge Mancino anche per le persone LGBT+.
In un simile clima, in cui è difficile ottenere addirittura il minimo sindacale da uno stato civile (cioè la protezione di chiunque da forme di aggressione e violenza connesse alla propria diversità), oso parlare di piaceri non convenzionali in quanto teologo queer.
Teologia queer
Ma che cosa è la teologia queer?
Faccio una breve premessa: il termine “queer”, compare nell’inglese del XVIII secolo col significato di “strano”, “bizzarro”, “eccentrico”; e nel XIX secolo acquista l’accezione dispregiativa di “devianza sessuale”.
Oggigiorno, all’interno del movimento LGBTIQA+, la parola “queer” ha un senso soprattutto politico (in senso alto e non partitico): viene utilizzato da chi rifiuta le tradizionali identità di genere, il binarismo, i ruoli tradizionali collegati al sesso biologico e quella normalizzazione (e - potremmo aggiungere - omologazione) imposta da una società eteronormativa e patriarcale.
Queer significa, così, devianza, nel senso di voler uscire fuori strada, deviare da percorsi consueti (normali, normativi e normanti), per osare sentieri diversi, altri, non battuti dalle masse.
In questa direzione, la teologia queer si (im)pone sulla scena con la qualità della indecenza, in quanto approccio che rompe i canoni della decenza, per destabilizzare quell’assetto del potere patriarcale di dominio che caratterizza le chiese e la cultura eteronormativa dominante. La teologia queer non vuole parlare ad un target definito di persone, ma a tutti in maniera radicale, riproponendo la categoria evangelica dello “scandalo”, declinato in modo forte e destabilizzante, grazie alla presentificazione sulla scena teologica di quelle sessualità “devianti” (cioè non conformi) che sono state marginalizzate, represse e/o ignorate...
Mario Bonfanti
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