Molte
chiese cristiane fanno un gran parlare della “famiglia tradizionale”, a volte definita perfino “naturale”, difendendo a spada tratta il
modello occidentale di famiglia, quella formata da papà, mamma e figli, che
tutti ben conosciamo. Ma siamo proprio sicuri che la tradizione religiosa biblica
sia proprio questa?
Se
leggiamo la Bibbia, anche solo
superficialmente, risulta chiaro che i modelli di famiglia sono mutati nel
corso dei secoli e che non esiste, quindi, un modello che si possa dire
“biblico”.
Le
famiglie più diverse da quelle moderne sono quelle più lontane nel tempo,
quelle di cui si narra nel libro della Genesi. Molto indicativa è la storia di Giacobbe, detto Israele, padre dei dodici Patriarchi del popolo eletto, dalla quale
partiremo.
Isacco
aveva due figli, Esaù e Giacobbe. Poiché Esaù aveva preso moglie fra le
hittite, scandalizzando la madre, Isacco mandò Giacobbe a prendere moglie fra i
suoi:
Poi Rebecca disse a Isacco:
«Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende
moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la
vita?»
Allora Isacco chiamò
Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie
tra le figlie di Canaan. Su, va’ in Paddan-Aram, nella casa di Betuèl, padre di
tua madre, e prenditi di là la moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua
madre.[1]
Giacobbe
obbedisce al padre e parte. Giunto nel paese di Làbano, egli conosce Rachele,
figlia dello zio, e se innamora. Ma le cose non vanno esattamente come egli
desidera:
Poi Làbano disse a Giacobbe:
«Poiché sei mio parente, mi dovrai forse servire gratuitamente? Indicami quale
deve essere il tuo salario». Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si
chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti,
mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, perciò Giacobbe amava
Rachele. Disse dunque: «Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia
minore». Rispose Làbano: «Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo.
Rimani con me». Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono
pochi giorni tanto era il suo amore per lei. Poi Giacobbe disse a Làbano:
«Dammi la mia sposa perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei».
Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto. Ma quando
fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei.[2]
Deluso
e amareggiato per l’inganno, Giacobbe protesta con il suocero, il quale
risponde:
Rispose Làbano: «Non si usa
far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore.
Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest’altra per il servizio
che tu presterai presso di me per altri sette anni». Giacobbe fece così:
terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia
Rachele.[3]
[1]
Genesi, capitolo 27, versetto 46 e capitolo 28, versetti 1 – 2, Bibbia di
Gerusalemme, Edizioni Dehoniane Bologna, 2002.
[2]
Genesi, capitolo 29, versetti 15 – 23, Bibbia di Gerusalemme, Edizioni
Dehoniane Bologna, 2002.
[3]
Genesi, capitolo 29, versetti 26 – 30, Bibbia di Gerusalemme, Edizioni
Dehoniane Bologna, 2002.
Padre Enrico Proserpio
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