Brandon era un po’ narciso, un po’ macho e un po’ eroe. Capelli corti, atteggiamento da consumato cowboy, pantaloni stretti e un sorriso da conquistatore: questa era la miscela con cui incantava le donne. Brandon era un ragazzino dal passato difficile: vittima di abusi, con una famiglia incapace di comprenderlo e bisognoso di una sola cosa: il rispetto. Cercava l’amore e sperava in un futuro sereno... coltivava il sogno di ogni essere umano. Trovare l’anima gemella, un lavoro soddisfacente, amici fidati, spensieratezza, amici: chi non vorrebbe tutto questo? A Brandon, ragazzo nato nel corpo di una ragazza chiamata Teena, venne tolta la possibilità di realizzare se stesso e ogni piccolo sogno. La sua vita venne recisa, con violenza, il 31 dicembre del 1993. Aveva compiuto 21 anni pochi giorni prima, il 12 dicembre.
Nel 1999
l’attrice Hilary Swank venne scelta - per il suo aspetto androgino - per
interpretare Brandon. La sua prova cinematografica le portò numerosi
riconoscimenti, tra cui l’ambitissimo Premio Oscar per la miglior attrice
protagonista. La regista Kimberly Peirce – con Boys Don’t Cry – raccontò
l’ultimo tratto di vita di un ragazzo con la vagina, di un uomo con il seno.
Portò sul grande schermo la storia di chi avrebbe voluto semplicemente arrivare
a vivere la propria identità con gioia...
Teena
di nome e Brandon di cognome: ma la sua essenza è assolutamente maschile.
Brandon accantona Teena e inverte nome e cognome. Viene deriso, schernito,
umiliato per il suo essere un maschiaccio, una lesbica mascolina... ma Brandon
non è una lesbica. Teena non esiste e
non è una ragazza omosessuale, perché Brandon si percepisce e vive come
una ragazzo eterosessuale. È il frutto ruvido di un albero delicato. È
la corteccia robusta di un nome che non gli appartiene pienamente… questo –
almeno – è ciò che dice il suo documento d’identità...
Luca Foglia Leveque
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