Introduzione
Il titolo originale dell’articolo (che qui vi traduco) della rabbina Noa Sattath, pubblicato su Forward, gloriosa rivista ebraico-americana, il 16 Giugno 2020, sarebbe “Speravamo che l’accettazione LGBTQ in Israele aiutasse i palestinesi. Ci siamo sbagliati” – ma abbreviare non fa mai male. Ecco ora la traduzione – le note tra parentesi quadre sono del traduttore.
Traduzione
La nostra teoria del cambiamento era che, se
Gerusalemme sarà più tollerante verso la comunità LGBTQ, diventerà naturalmente
più tollerante verso i palestinesi.
Sebbene il
cambiamento progressista in Israele avvenga di rado e con lentezza, l’unica
area in cui c’è un cambiamento coerentemente positivo è data dai diritti LGBTQ.
Il Mese del Pride è un bel momento
per riflettere sui successi passati e sulle sfide future del nostro movimento
israeliano.
Il progresso
negli ultimi vent’anni verso eguali diritti e la piena accettazione della
comunità LGBT è la prova che la società israeliana può cambiare, se viene
costretta. I successi recenti nel campo dei diritti LGBT comprendono una
vittoria nel nostro equivalente del caso [americano] “Masterpiece Cakeshop”
[una pasticceria di Lakewood, Colorado, che nel 2012 si era
rifiutata di preparare la torta nuziale di un matrimonio gay. Il caso è finito
davanti alla Corte Suprema USA col numero 16-111, e nel
2018 essa ha dato ragione alla pasticceria] – si tratta di una stamperia di
Be’er Sheva‘ che è stata multata da un tribunale israeliano per essersi rifiutata di stampare
volantini per un’organizzazione LGBTQ. Di quello che sembrava
un caso particolare di rilievo locale abbiamo fatto un precedente nazionale
contro le discriminazioni.
Nel 2005,
quando il tribunale impose al Municipio di
Gerusalemme di appendere le bandiere arcobaleno per la
parata del Pride, la TV locale trasmise un servizio in cui si intervistavano
dei gerosolimitani che proprio non sapevano che cosa simboleggiasse la
bandiera. “È la bandiera drusa [che in effetti le assomiglia]?”, chiese
nel 2003 uno degli intervistati in una strada di Gerusalemme. “È forse un
simbolo della primavera?”, propose un altro. Quasi nessuno conosceva la
bandiera e pochi sostenevano la comunità LGBT. La trasformazione della
coscienza ed il cambiamento nella condizione giuridica della comunità LGBT è
senza dubbio la vittoria liberale definitiva degli ultimi anni.
Per noi, gli
attivisti che 15 anni fa guidavano la comunità LGBTQ a Gerusalemme, era chiaro
che stavamo combattendo una battaglia giusta per i membri della nostra
comunità, ma allo stesso tempo combattevamo per migliorare Gerusalemme in un
senso assai più ampio.
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