Il rugby, in Italia, è poco conosciuto e
seguito a livello mediatico, per via della soverchiante popolarità del calcio.
Ma non manca di appassionati che ne conoscono il valore come scuola di vita.
Uno di loro è Renzo Pacini, autore
del romanzo che andremo a recensire: Nel terzo tempo (Edizioni del Boccale, 2018).
Pacini è nato a Livorno nel 1950. È
stato microbiologo per quarant’anni; ama molto la musica e lo sport. Sempre per
i tipi delle Edizioni del Boccale, nel 2017, ha pubblicato Tutto inizia dal basso. Così come il secondo romanzo, esso si
ispira a reali esperienze di vita, vissute direttamente o indirettamente. Per
quanto riguarda il rugby, lo sguardo di Pacini è stato per molti anni quello di
genitore di due giocatori.
Il titolo della nuova opera allude
al fatto che una partita di rugby sia abitualmente giocata in due tempi da
quaranta minuti ciascuno. Il “terzo tempo” è il momento conviviale alla fine
dell’incontro, in cui le squadre avversarie si dimostrano reciproca stima e
riconfermano la solidarietà in nome del comune amore per quello sport.
Naturalmente, è questa l’occasione in cui emerge maggiormente lo spessore umano dei giocatori e in cui
si creano rapporti. L’autore descrive il “terzo tempo” come momento di grande
fascino, che racchiude in nuce tutto
il significato di questo sport, assai poco individualistico e celebrativo,
fatto di sacrifici e collaborazione. La possibilità di godere di un “terzo
tempo” è anche un’occasione di riscatto dall’amarezza della sconfitta:
un’occasione che la vita non sempre offre.
Il romanzo narra di una squadra di
serie C1, i Lions Amaranto Livorno,
presentandoli in trasferta e diretti verso Gubbio. Da quella scena, emergono
lentamente i dettagli della vita da rugbisti e i profili dei giocatori, sia
nuovi che veterani...
[Continua]
Erica Gazzoldi
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