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sabato 10 ottobre 2020

Abbiamo bisogno di rabbini gay

 Introduzione

Il 27 Maggio 2019/22 Iyyar 5779, il rabbino Daniel Landes (che aveva già ordinato delle donne rabbine ortodosse nel 2016) ha ordinato rabbino a Gerusalemme Daniel Atwood, a cui la Yeshivat Chovevei Torah aveva negato l’ordinazione pur dopo avergli fatto quasi completare il corso di studi. Non è stata data una spiegazione (non sarebbe nemmeno consigliabile motivare pubblicamente i dinieghi, perché si rischia di cadere nella diffamazione o nella “lashon ha-ra‘ = lingua malvagia”), ma l’interessato sostiene che sia stata la risposta dell’istituzione al suo coming out come gay, avvenuto quattro anni fa. 

rabbini gay

Rav Daniel Landes ha ritenuto che non ci fosse motivo per negare a Daniel Atwood la “smikhah = imposizione delle mani, ordinazione”, perciò ha ordinato il primo rabbino ortodosso già dichiaratosi gay (rabbini dichiaratisi dopo l’ordinazione ce n’erano già, a cominciare da Steven Greenberg) ed ha difeso la sua scelta con l’articolo We Orthodox Jews desperately need gay rabbis, che ora vi traduco – le traduzioni di parole ed espressioni ebraiche precedute dall’ “=” sono mie, come le parole tra parentesi quadre, salvo questa: [malvagio], che è dell’autore.

 Traduzione

GERUSALEMME (JTA) — Il 27 Maggio [2019], la Jewish Telegraphic Agency ha riferito che avrei ordinato uno studente rabbinico ortodosso e gay a cui fu negata dalla sua “yeshiva = accademia rabbinica” ortodossa la possibilità di ricevere la “smicha = imposizione delle mani, ordinazione”. Il 27 Maggio [2019] così feci, ordinando rav Daniel Atwood in una cerimonia a cui partecipavano oltre 200 persone.

Sono da molto tempo un rabbino ortodosso, e so che la mia decisione susciterà shock ed esasperazione in molti membri della comunità ortodossa.

Ma so anche che la nostra comunità ha un disperato bisogno di rabbini ortodossi gay, e noi stiamo ignorando questa esigenza della comunità a nostro rischio e pericolo.

Levitico 18:22, che afferma che “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole” [Nuova Rivedutaaltre traduzioni cristiane] non è stato cassato dalla Torah. Ma questo precetto biblico non ci dà licenza di ignorare o maltrattare il significativo numero di ebrei attentamente osservanti che sono LGBTQ.

Sfortunatamente, spesso è accaduto proprio questo. L’approccio ortodosso contemporaneo a queste persone, con poche rimarchevoli eccezioni, si è dimostrato inutile o perfino pericoloso...


Raffaele Yona Ladu


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Considerazioni sulla proposta di legge contro l'omotransfobia

In questi giorni il mondo lgbtqia italiano è preso dall’entusiasmo per la proposta di legge contro l’omotransfobia presentata dall’onorevole Zan (PD), entusiasmo che riteniamo decisamente ingiustificato e fuori luogo. Se la legge dovesse passare, sarebbe sicuramente un passo avanti, ma si tratterebbe di un passo molto piccolo e incerto. 

legge zan omofobia

Presentata come compendio delle due precedenti proposte (una dello stesso Zan e l’altra del M5S), il testo abbandona quasi tutto ciò che di interessante c’era per ridurre le richieste al semplice ampliamento della legge sui crimini d’odio anche a quelli basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Dell’idea, presente nella proposta grillina, di incaricare l’ISTAT di fare periodiche statistiche dei reati a sfondo omotransfobico (che avrebbe dato l’idea del fenomeno in modo incontrovertibile, disarmando coloro che sminuiscono questi crimini con la retorica del “caso isolato”) non c’è più traccia. Allo stesso modo è scomparsa l’idea di creare centri antiviolenza sul territorio per dare un reale aiuto alle vittime di omotransfobia. Restano solo le aggravanti per chi commettesse reati d’odio e una generica condanna dell’incitazione che, temiamo, resterà lettera morta anche qualora venisse approvata (basti vedere come vengono costantemente disattese le leggi contro la rifondazione di partiti fascisti e l’apologia di fascismo). Non c’è un solo accenno all’assistenza alle eventuali vittime (magra consolazione sapere che il proprio aggressore farà qualche mese di carcere in più, o dovrà pagare una multa, se poi si viene lasciati soli) e, soprattutto, non c’è nulla di preventivo: non un accenno a campagne educative nelle scuole, o sui media di stato, nulla contro i discorsi omotransfobici, nulla contro le terapie riparative. Si punisce solo (e con una multa non poi così pesante) l’incitazione all’odio e alla violenza e, sinceramente, ci sembra davvero troppo poco. Ma se pensiamo al fatto che il PD ha appena votato (insieme alle destre) il finanziamento delle scuole paritarie (per lo più cattoliche), capiamo facilmente il perché la proposta di legge sia stata ridotta a una cosuccia poco più che simbolica.
Perfino nei termini usati il relatore dimostra di essere arretrato rispetto al dibattito attuale: il testo parla di persone “lgbti”, escludendo asessuali e queer. E per fortuna che i piddini sono “progressisti”…


Enrico Proserpio


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giovedì 8 ottobre 2020

... E ci siamo sbagliati

 Introduzione

Il titolo originale dell’articolo (che qui vi traduco) della rabbina Noa Sattath, pubblicato su Forward, gloriosa rivista ebraico-americana, il 16 Giugno 2020, sarebbe “Speravamo che l’accettazione LGBTQ in Israele aiutasse i palestinesi. Ci siamo sbagliati” – ma abbreviare non fa mai male. Ecco ora la traduzione – le note tra parentesi quadre sono del traduttore. 

pride israele

 

Traduzione

La nostra teoria del cambiamento era che, se Gerusalemme sarà più tollerante verso la comunità LGBTQ, diventerà naturalmente più tollerante verso i palestinesi.

Sebbene il cambiamento progressista in Israele avvenga di rado e con lentezza, l’unica area in cui c’è un cambiamento coerentemente positivo è data dai diritti LGBTQ. Il Mese del Pride è un bel momento per riflettere sui successi passati e sulle sfide future del nostro movimento israeliano.

Il progresso negli ultimi vent’anni verso eguali diritti e la piena accettazione della comunità LGBT è la prova che la società israeliana può cambiare, se viene costretta. I successi recenti nel campo dei diritti LGBT comprendono una vittoria nel nostro equivalente del caso [americano] “Masterpiece Cakeshop” [una pasticceria di Lakewood, Colorado, che nel 2012 si era rifiutata di preparare la torta nuziale di un matrimonio gay. Il caso è finito davanti alla Corte Suprema USA col numero 16-111, e nel 2018 essa ha dato ragione alla pasticceria] – si tratta di una stamperia di Be’er Sheva‘ che è stata multata da un tribunale israeliano per essersi rifiutata di stampare volantini per un’organizzazione LGBTQ. Di quello che sembrava un caso particolare di rilievo locale abbiamo fatto un precedente nazionale contro le discriminazioni.

Nel 2005, quando il tribunale impose al Municipio di Gerusalemme di appendere le bandiere arcobaleno per la parata del Pride, la TV locale trasmise un servizio in cui si intervistavano dei gerosolimitani che proprio non sapevano che cosa simboleggiasse la bandiera. “È la bandiera drusa [che in effetti le assomiglia]?”, chiese nel 2003 uno degli intervistati in una strada di Gerusalemme. “È forse un simbolo della primavera?”, propose un altro. Quasi nessuno conosceva la bandiera e pochi sostenevano la comunità LGBT. La trasformazione della coscienza ed il cambiamento nella condizione giuridica della comunità LGBT è senza dubbio la vittoria liberale definitiva degli ultimi anni.

Per noi, gli attivisti che 15 anni fa guidavano la comunità LGBTQ a Gerusalemme, era chiaro che stavamo combattendo una battaglia giusta per i membri della nostra comunità, ma allo stesso tempo combattevamo per migliorare Gerusalemme in un senso assai più ampio.

La nostra teoria del cambiamento era semplice: quando Gerusalemme sarà più tollerante verso la comunità LGBTQ, diverrà naturalmente più tollerante verso i palestinesi... 

Raffaele Yona Ladu

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martedì 6 ottobre 2020

Jean Sénac: "Per una terra possibile"

 Nell’ottobre 2019, è uscito Per una terra possibile, di Jean Sénac (traduzione e cura di Ilaria Guidantoni; testi francesi a fronte; Sestri Levante 2019, Oltre Edizioni).  È l’edizione italiana di Pour une terre possible  (Marsa, Paris 1999). La pubblicazione dell’opera fa parte del progetto Jean Sénac, “il Pasolini d’Algeria”. Il parallelismo non è stato istituito solo da Oltre Edizioni [1] . Come recita il risvolto di copertina di Per una terra possibile, la poesia di Sénac è stata etichettata come “anticolonialista, militante socialista e identificata con un erotismo libertino e libertario.” Anche Sénac, come Pasolini, morì assassinato in circostanze misteriose. Algerino, cristiano e anarchico, si batté per realizzare uno Stato indipendente ove ogni diversità fosse accettata: anche la sua omosessualità

 Chi era Jean Sénac? 

jean sénac per una terra possibile

Jean Sénac nacque nel 1926 a Béni-Saf, piccolo porto minerario, poi da pesca. Sua madre era di origini spagnole e il padre (forse gitano) è tuttora sconosciuto. Nel 1929, la madre si risposò con un francese che diede il proprio cognome al figliastro. La propria condizione di “figlio illegittimo”, a ogni modo, influenzò Sénac, dandogli una chiave di lettura globale della sua vita. Fu infatti “illegittimo” e “meticcio” in qualsiasi situazione, non potendosi identificare né come colonizzatore, né come colonizzato. [2] Nel romanzo Ébauche du père (= “Ritratto incompiuto del padre”), il poeta rivendicò la propria “algerinità” come identità multipla: “Io sono di questo Paese. Io sono nato arabo, spagnolo, berbero, ebreo, francese.” [3] Il suo essere “meticcio” riguarda anche la scrittura: si considerava un autore algerino che scriveva in francese... [4]


Erica Gazzoldi


[1] Lo si ritrova, per esempio, anche nella prefazione di René de Ceccatty a: Jean Sénac, OEuvres poétiques, Actes Sud, 2019. Ne parla Serge Martin, in: «Jean Sénac: le poème qui fait le plein de corps», Voix et relation, 20/04/2019 . URL : https://ver.hypotheses.org/3269

[2] Cfr. Blandine Valfort, « Jean Sénac : l’Algérie au corps », La Vie des idées , 19 juillet 2013. ISSN : 2105-3030. URL : https://laviedesidees.fr/Jean-Senac-l-Algerie-au-corps.html

[3] Ibidem.

[4] Ibid.


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venerdì 2 ottobre 2020

Le "etichette" servono davvero?

 Ed eccola qui. 

etichette lgbt

Giunge puntuale come la cacarella – che, forse, sarebbe ancora preferibile – all'affacciarsi del Pride Month, l'eterna manfrina sulle "etichette LGBT" e su quanto esse siano fastidiose, ridicole e inutili.

 

"Sono troppe, fanno ridere, non si capiscono, ogni anno ne spuntano di nuove. Cheppalle!"

 

Ovviamente, senza dimenticare le battute trite e ritrite (che ormai non fanno ridere più nessuno) sulla lunghezza della sigla LGBTQIA+.

Guarda caso, questo discorso salta sempre fuori avendo come oggetto di critica le cosiddette "minoranze nelle minoranze", ovvero quelle soggettività meno note e – forse? – meno numerose della comunità: persone pansessuali, panromantiche e aromantiche, asessuali, intersex, non-binary, poliamorose. L'esistenza di una ricca varietà di identità di genere, in particolare, sembra proprio dare fastidio e suscitare critiche feroci.

Insomma: già ci sono gay e lesbiche e tante grazie che ogni tanto ci ficchiamo in mezzo trans e bisessuali; questi altri che vogliono?

 

LE MOTO SÌ. LE FROCIE NO.

Ho riscontrato, in particolare, che ci sono due categorie specifiche di persone che sembrano essere gravemente turbate dall'ampliarsi di termini che descrivono genere e identità:

1.                  persone cis-etero, maschi in particolare – manco a dirlo, non me lo sarei MAI aspettato;

2.                 persone della comunità più conservatrici che imputano alle varietà identitarie del movimento qualsiasi problema interno al movimento stesso.

Ho frequentato per un certo periodo diversi biker che si sono tutti premurati di spiegarmi le sostanziali differenze tra diversi tipi di moto e tutta la tassonomia Harley-Davidson perché – giustissimamente e ci mancherebbe pure – uno Sporster non è certo un Panhead degli anni '60. Ho frequentato anche parecchi metallari e musicisti che – sempre giustamente – tengono moltissimo a differenziare i diversi sottogeneri del metal, molti dei quali mi sono talvolta stati spiegati, anche se il mio interesse verso l'argomento era, in quel momento, tendente allo zero – ma vuoi mica non ascoltare il maschiochespiegacose?!

Queste persone sono perlopiù le stesse che, pregate di usare il genere giusto riferendomi alla ragazza che frequentavo – una donna transgender, quindi MtF – o quando spiegavo che sono una persona di identità non binaria, mi rispondevano seccati che a loro non interessava:

 

"Troppi termini nuovi da imparare".

"Ah, ma io non riesco a stare appresso a tutte queste parole che vi inventate ogni volta."

"Ok. Ma io dico così ("frocio", "maschia", "travone" o vai di misgendering selvaggio)."

 

Insomma; per la tua moto del cazzo i termini li impari volentieri; per mostrare un minimo di rispetto alla persona che hai di fronte no...


Giulia Cosmo Fragapane


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Perché il Pride ha funzionato

 Samuel Delaney è un noto scrittore di fantascienza omosessuale. Nella sua autobiografia The Motion of Light in Water, ci racconta di un episodio, avvenuto negli anni in cui il moderno movimento LGBT+ doveva ancora spiegare le ali, che ci permette di capire come e perché funzioni il giogo dell’oppressione eteronormativa e in che modo il Pride sia stato e rimanga l’unico modo per liberarcene. 

perché il pride ha funzionato

Siamo negli Stati Uniti, in un tempo in cui gli incontri tra uomini omosessuali avvenivano, per forza di cose, nel buio imbarazzato di un parcheggio, nascosti tra un autotreno e l’altro: giusto per il tempo necessario a strappare un fugace barlume di piacere al chiaro di luna.

Ad un tratto, la sirena ficcanaso della polizia colora lo spiazzo di blu e rosso, mentre Delaney e compagnia fuggono mimetizzandosi tra le ombre fuori dal parcheggio.

Delaney è sorpreso: il giorno seguente, i giornali riporteranno solo una decina di arresti; ma, tra i fuggitivi, lo scrittore conta quasi un centinaio di uomini.

Tra le file di veicoli parcheggiati, era difficile vedere poco più del partner con cui si stava passando la serata e nessuno degli avventori aveva idea di quante persone fossero effettivamente nascoste in quel parcheggio: il numero era semplicemente sbalorditivo...


Marco Sassaro


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