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giovedì 8 ottobre 2020

... E ci siamo sbagliati

 Introduzione

Il titolo originale dell’articolo (che qui vi traduco) della rabbina Noa Sattath, pubblicato su Forward, gloriosa rivista ebraico-americana, il 16 Giugno 2020, sarebbe “Speravamo che l’accettazione LGBTQ in Israele aiutasse i palestinesi. Ci siamo sbagliati” – ma abbreviare non fa mai male. Ecco ora la traduzione – le note tra parentesi quadre sono del traduttore. 

pride israele

 

Traduzione

La nostra teoria del cambiamento era che, se Gerusalemme sarà più tollerante verso la comunità LGBTQ, diventerà naturalmente più tollerante verso i palestinesi.

Sebbene il cambiamento progressista in Israele avvenga di rado e con lentezza, l’unica area in cui c’è un cambiamento coerentemente positivo è data dai diritti LGBTQ. Il Mese del Pride è un bel momento per riflettere sui successi passati e sulle sfide future del nostro movimento israeliano.

Il progresso negli ultimi vent’anni verso eguali diritti e la piena accettazione della comunità LGBT è la prova che la società israeliana può cambiare, se viene costretta. I successi recenti nel campo dei diritti LGBT comprendono una vittoria nel nostro equivalente del caso [americano] “Masterpiece Cakeshop” [una pasticceria di Lakewood, Colorado, che nel 2012 si era rifiutata di preparare la torta nuziale di un matrimonio gay. Il caso è finito davanti alla Corte Suprema USA col numero 16-111, e nel 2018 essa ha dato ragione alla pasticceria] – si tratta di una stamperia di Be’er Sheva‘ che è stata multata da un tribunale israeliano per essersi rifiutata di stampare volantini per un’organizzazione LGBTQ. Di quello che sembrava un caso particolare di rilievo locale abbiamo fatto un precedente nazionale contro le discriminazioni.

Nel 2005, quando il tribunale impose al Municipio di Gerusalemme di appendere le bandiere arcobaleno per la parata del Pride, la TV locale trasmise un servizio in cui si intervistavano dei gerosolimitani che proprio non sapevano che cosa simboleggiasse la bandiera. “È la bandiera drusa [che in effetti le assomiglia]?”, chiese nel 2003 uno degli intervistati in una strada di Gerusalemme. “È forse un simbolo della primavera?”, propose un altro. Quasi nessuno conosceva la bandiera e pochi sostenevano la comunità LGBT. La trasformazione della coscienza ed il cambiamento nella condizione giuridica della comunità LGBT è senza dubbio la vittoria liberale definitiva degli ultimi anni.

Per noi, gli attivisti che 15 anni fa guidavano la comunità LGBTQ a Gerusalemme, era chiaro che stavamo combattendo una battaglia giusta per i membri della nostra comunità, ma allo stesso tempo combattevamo per migliorare Gerusalemme in un senso assai più ampio.

La nostra teoria del cambiamento era semplice: quando Gerusalemme sarà più tollerante verso la comunità LGBTQ, diverrà naturalmente più tollerante verso i palestinesi... 

Raffaele Yona Ladu

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