Diversi mesi orsono, alcuni quotidiani riportarono la
notizia di “cinture di castità elettroniche hackerate per chiedere un
riscatto”. Ne parlarono addirittura testate come Il Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano.
Per molto tempo, si è creduto che questo strumento di contenimento genitale fosse stato architettato durante il periodo delle Crociate per impedire tradimenti da parte delle mogli dei cavalieri che partivano per la Terra Santa.
In verità, è molto improbabile che i cavalieri medievali
imponessero alle proprie mogli una cintura di castità. Più plausibilmente,
prima di partire, si accoppiavano con le proprie mogli, così da trovare un
figlio al proprio ritorno. È, dunque, evidente che la presenza di una cintura
di castità avrebbe impedito il parto. Senza, poi, contare l’obiezione molto più
semplice: e cioè il fatto che qualunque serratura medievale poteva essere
facilmente aperta da un fabbro.
Una invenzione rinascimentale.
Chi ha inventato, dunque, la cintura di castità?
Sebbene l’idea di astinenza sessuale sia antichissima e lo stesso termine latino cingulum castitatis (traducibile appunto con “cintura di castità”) compare a partire dal VI secolo in alcuni testi di Papa Gregorio Magno, Alcuino di York, e molto più tardi San Bernardo di Chiaravalle, la prima rappresentazione di un oggetto che ricordi vagamente una cintura di castità risale al 1405 in un manoscritto, il Bellifortis di Konrad Kyeser, dedicato alla tecnologia militare dell’epoca. Il congegno disegnato è presentato come uno strumento imposto alle donne fiorentine dai mariti gelosi. Ma non risulta nulla del genere nella Firenze del tempo.
Molto probabilmente fu un qualche fantasioso ingegnere del quattrocento che si inventò questo marchingegno immaginario, come spiega il prof. Alessandro Barbero nel seguente video...
Mario Bonfanti
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