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mercoledì 30 settembre 2020

Elogio del piacere: per un'erotica solare

 Prendo spunto del titolo di questo numero della rivista per riprendere in mano e ripercorrere insieme a voi la proposta che il filosofo francese Michel Onfray presentò anni orsono in un suo testo (Michel Onfray, Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare, 2006, Roma, Fazi Editore). Un libro che fu elogiato dalla critica, ma - ahimè - rimase inascoltato dalla cultura e società, viste le recrudescenze puritane cui stiamo assistendo negli ultimi tempi, non solo in Italia. 

elogio del piacere

Premessa.

Come dichiara il filosofo all’inizio dell’opera, la sua proposta va nella direzione di un recupero di alcune antiche correnti filosofiche, allo scopo di abbattere il modello etico ancora dominante.

Dichiara Onfray: “La prima tappa, critica, del mio pensiero implica una decostruzione dell’ideale ascetico” (idem, p. 18). Un modello che nasce dal platonismo, viene ripreso dei Padri della Chiesa e, attraverso il cristianesimo, si insinua così profondamente nella cultura occidentale da giungere fino a noi, in un serpeggiante disprezzo verso il sesso. In particolare, nei primi capitoli del libro, il filosofo francese mina dalle fondamenta alcuni presupposti platonici in merito al desiderio, che hanno portato con sé nei secoli quell’opposizione tra corpo e spirito ancora presente oggi nella nostra società che considera “osceni” gli atti sessuali e la nudità. In seguito, aggiunge Onfray: “la seconda tappa, propositiva, propone un’alternativa all’ordine dominante grazie alla formulazione di un materialismo edonista” (idem, p. 19). 

Ma… seguiamo il filosofo passo passo in questa sua proposta.

Alla ricerca della dolce metà perduta.

Un primo elemento che Onfray evidenzia, e sottopone a dura critica, è l’interpretazione del desiderio come mancanza. Scorrendo l’opera di Platone “Il Simposio”, il filosofo francese ricorda al lettore che a un certo punto del dialogo un commensale, Aristofane, espone la propria ipotesi sull’origine del desiderio, raccontando il mito greco dell’androgino. Ecco in sintesi il racconto: nell’età primitiva, tutti gli uomini avevano una forma rotonda, con quattro braccia, quattro gambe, due volti e quattro orecchie. Essi si muovevano avanti e indietro con movimenti circolari. A causa, però, del loro crescente potere che aveva finito per minacciare l’Olimpo, Zeus si consultò con gli altri dei e decisero di indebolire gli uomini tagliandoli a metà. Da quel momento in poi ogni pezzo, desideroso della totalità distrutta, cerca e desidera l’altra parte per realizzare il tutto. Da questo mito risulta una interpretazione del desiderio come mancanza (dell’altra metà). Come risultato il desiderio assume una connotazione fondamentalmente negativa: è una sofferenza/mancanza che deve essere sanata... 


Mario Bonfanti


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domenica 27 settembre 2020

Da vittime a carnefici: cos'è l'acefobia

 Da anni, giustamente, le comunità omosessuali e bisessuali denunciano gli orrori delle terapie riparative, degli stupri correttivi e di tutti i parafernali di abuso travestiti da pseudo-scienza per “guarire” dal male dell'omosessualità. 

acefobia asexual exclusion

Eppure, per una fetta della comunità omo\bi e diversi attivisti, sembra che il diritto a non subire torture e vivere serenamente il proprio orientamento erotico-affettivo non valga per le persone asessuali (o ace). Negli scorsi mesi, ho assistito con estremo sgomento ad un’escalation di violenza verbale, stalking e letterale persecuzione ai danni della comunità asessuale.

Si può cominciare col caso (scoppiato in rete) di un attivista gay che ha scritto pezzi in cui inneggiava al trattamento psichiatrico obbligatorio delle persone ace e che (quando diverse persone hanno cercato di interagire con lui per tentare di spiegare perché si sbagliasse) si è dato a vere e proprie campagne di stalking e molestie sessuali online. Per intenderci: parliamo di insulti ossessivi, minacce di stupro correttivo, invio non richiesto di fotografie delle proprie parti intime e altre azioni del genere.

 

Qualche reazione a difesa della comunità ace è stata intrapresa da singoli individui in disaccordo con questa politica dell'odio, dalle associazioni ace stesse e di alcuni gruppi online di persone civili. Le grandi associazioni LGBT+, quelle che pretendono di rappresentare la comunità tutta, sono rimaste in un agghiacciante silenzio.

Cosa che ha dato la stura ad un fiume escrementizio nel quale anche attivisti storici si sono sentiti in dovere di aggiungersi al coro di chi, come minimo, invoca il trattamento sanitario obbligatorio.

Questi sono esempi diventati celebri grazie alla cassa di risonanza dei social media; ma la realtà che vivono le persone asessuali è fatta di micro e macro violenze quotidiane. È fatta di energumen* che si sentono in dovere di contattarle per convincerle che hanno solo bisogno di scopare per cambiare idea, per informarle che con un bello stupro poi non potranno più fare a meno di fare sesso, di comunicare (dall'alto della loro laurea all'università della vita) che sono malate e hanno bisogno di cure. Di molestie via web o di persona da parte di una grossa fetta di individui assolutamente convinti di dover “convertire” la persona asessuale, di doverle imporre non solo il sesso in sé per sé, ma anche il “corretto” modo di viverlo.

Sono i medesimi comportamenti di cui le comunità omo e bisessuali sono stati vittime per decenni. Se dici che un gay è malato, sei un mostro. Se dici che un lesbica ha solo bisogno di provare a essere penetrata da un vero pene per tornare etero, sei un aguzzino. Giustamente, la comunità tutta ti metterà alla gogna. Nel momento in cui questi comportamenti palesemente discriminatori vengono messi in atto contro la comunità asessuale, il silenzio è assordante, oppure ci si unisce al coro dell'infamia...


Aleister Erika Lupano


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venerdì 18 settembre 2020

La quarantena e le persone "rainbow"

 Per le persone LGBT, la quarantena ha rappresentato un miglioramento o un peggioramento di vita? Quali differenze tra velati e dichiarati? Cosa cambia, a seconda di chi sono i nostri “compagni di quarantena”? 

quarantena lgbt

 Ho temporeggiato, prima di scrivere su come noi persone LGBT (e in particolare T) stiamo vivendo questa quarantena, perché partecipare ai gruppi di condivisione e socializzazione virtuali mi ha dato la possibilità di confrontarmi con altre persone in condizioni simili alla mia.


 La quarantena? Un miglioramento della qualità della vita

 Personalmente, consideravo la quarantena un miglioramento alla mia vita. Si erano autoeliminate un sacco di prassi stressanti e disforiche che accettavo come dato di fatto ineliminabile: il “ciao cara” della signora del bar di fronte all’ufficio, misgendering vari, non poter mostrare le gambe pelose in estate, non potermi far crescere “il pizzetto”, dover stare fasciato per intere giornate, e così via.

Lo smart working permetteva di avere con colleghi, capi e clienti i contatti minimi e, quindi, di evitare tutti gli episodi di involontaria disforia che queste persone, loro malgrado ci causavano. Credo sia stato così anche per chi (universitario o liceale) si è approcciando alla didattica online.

 

La vita domestica: dipende da con chi sei…

 Per quanto riguarda invece le dinamiche inter-relazionali in casa, credo che molto sia dipeso dal “con chi” abbiamo vissuto la quarantena.

Penso che la mia sensazione di benessere dipendesse dal fatto che ho trascorso la quarantena col partner, una persona che ha un orientamento rivolto verso il mio genere (gli uomini) e che come uomo mi ha conosciuto e scelto.
Penso che sia stata difficile per chi, invece, era impegnato in relazioni in cui c’era una cancellazione del proprio orientamento sessuale e/o identità di genere, o (caso ancor peggiore) in cui la persona doveva condividere gli spazi con la famiglia d’origine, per problemi economici, o per via della loro salute o bisogno di assistenza, soprattutto nel caso in cui queste persone non conoscono o non accettano l’identità di genere e/o l’orientamento sessuale della persona rainbow...


Nathan


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giovedì 10 settembre 2020

Bohemian Rhapsody

Freddie Mercury (e non Freddy, cosa che fa arrabbiare tantissimo i suoi fan!) rivive in Bohemian Rapsody, biopic dagli incassi milionari e in grado di suscitare nello spettatore forti emozioni. Brividi, lacrime, commozione - ma anche dissenso. Sì, perché chi conosce bene i Queen non ammette errori: Freddie ha incontrato il suo compagno in un locale gay e non durante un party; Freddie ha scoperto di essere sieropositivo nel 1988 e non prima del Live Aid... 

bohemian rhapsody film

Su Youtube, è possibile trovare innumerevoli video recensioni e, sotto i filmati, fiumi e fiumi di parole. C’è chi ha apprezzato il film, chi non lo considera degno di nota, chi tornerebbe a vederlo altre dieci volte e chi invece ha scoperto Freddie e i Queen grazie alla magia del cinema.

Bohemian Rapsody è un capolavoro?

Il film, nonostante le imprecisioni, trascina e scorre veloce, tra canzoni indimenticabili e scene rese immortali dalla - vera - voce di Mister Mercury...


Luca Foglia Leveque


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giovedì 3 settembre 2020

Esce "Il Simposio - La libertà del sole"

 Il titolo di questo Simposio fa venire in mente l’estate, la stagione del Pride - che, quest’anno, ha dovuto fare i conti con l’emergenza Covid. Pensare e scrivere, a ogni modo, non è interdetto e non diffonde il contagio. Ecco che la nostra esistenza e la nostra visibilità si sono espresse in questi articoli.

           


La libertà del sole… quella di risplendere sotto gli occhi di tutti; quella di creare (grazie alle gocciole d’acqua sospese in aria) i colori dell’arcobaleno: simbolo del movimento LGBT, ma anche famoso per aver accompagnato il motto “Andrà tutto bene”, durante la quarantena.

            Era libero come il sole Freddie Mercury, quando brillava nelle proprie performance. La nostra rubrica di cultura pop parla di Bohemian Rhapsody, il film che (tra diverse polemiche) ha fatto rivivere il suo mito. Della quarantena parla invece l’articolo di Nathan, mostrando cosa essa abbia significato per le persone LGBT: liberazione da dinamiche sociali tossiche (in alcuni casi) e prigione (in altri).

            La prigione peggiore, però, è quella che “nega il sole” di una visibilità rispettata a “minoranze nella minoranza”: come avviene agli asessuali, secondo Aleister Erika Lupano. È una nostra nuova penna, a cui diamo il benvenuto, così come a Giulia Cosmo Fragapane e Marco Sassaro.

Ormai classici (per la nostra rivista) sono invece i pezzi sulla sacralità del piacere: vedremo come l’eros possa farsi “libero” e “solare”.

            Dal godere al dovere: doverose considerazioni sulla proposta di legge contro l’omotransfobia avanzata dall’On. Zan.

            Il riferimento al sole presente nel titolo deve molto all’autore trattato nella nostra rubrica di letteratura: il poeta algerino Jean Sénac, che si firmava proprio con un sole stilizzato e cantava (fra l’altro) dell’ “amante di Helios” (= “sole”, in greco). Questo personaggio è un poeta guerriero che combatte per una terra in cui sia possibile la libertà: libertà dal colonialismo, ma anche dall’omofobia.

            Impossibile sembrerebbe invece il sogno di un Israele contemporaneamente aperto alle realtà LGBT e al rapporto sereno con la comunità palestinese…

            Decisamente meno utopico di quanto non possa sembrare è il potenziale liberatorio del Pride: un’occasione per “uscire dal buio” e vedere realmente “quanti siamo”, in tutta la dirompenza della folla.

            Nonostante la comunità LGBT sia ormai impossibile da ignorare, esistono ancora realtà (come quella degli ebrei ortodossi) che necessitano di affrontare l’esistenza di minoranze sessuali al proprio interno. Possono ancora permettersi di chiudere gli occhi o dovranno… guardare in faccia il sole?

Di certo, la luce della consapevolezza non può fare a meno delle parole, da sempre strumento per delineare nettamente la realtà nella nostra mente. Ecco perché tutte quelle “etichette” all’interno del “cappello LGBT” esistono e servono.

Un solo augurio: siate liberi di esistere… e di splendere.


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