Davis Mac-Yalla, religiosamente, è anglicano, è nato in Nigeria ed ha lasciato il paese perché l’essere omosessuale metteva la sua vita in pericolo. Ha fondato nel 2016 ad Accra (Ghana) l’Interfaith Diversity Network of West Africa (https://itdnowa.org), che inquadra i diritti LGBT+ come diritti umani e vuol trasformare le teologie prevalenti in Africa.
Raffaele (ebraicamente Yona) Ladu è un ebreo umanista (http://www.shj.org/) che lavora in una banca di Verona; una
diagnosi di autismo lo rende alquanto sensibile alle problematiche LGBTQIA+ ed
ha incontrato una prima volta Davis Mac-Yalla a Tel Aviv-Yafo (Israele) nel
2015, alle celebrazioni del 40° di attività di A Wider Bridge (https://awiderbridge.org/), un’organizzazione ebraica americana
LGBTQ, affiliata a Keshet Gaavah (il Congresso Mondiale degli Ebrei LGBT+, http://glbtjews.org/), che catalizza un sostegno (non esente da
critiche) verso lo stato d’Israele e la sua comunità LGBTQIA+. In
quell’occasione, Davis Mac-Yalla perorava la causa dei rifugiati africani a
causa della loro identità sessuale.
Luigia Sasso lavora
all’ASSL 9 di Verona. Nel 2013, ha sposato Raffaele Yona Ladu. Appartiene alla
Chiesa Valdese di Verona, in cui è molto attiva nella diaconia. Una delle
sorelle di chiesa ghanesi ha sentito l’ispirazione di invitare Luigia e
Raffaele in Ghana per il Natale 2018, e questo ha reso possibile
quest’intervista. Le domande senza autore sono di Raffaele.
***
Buonasera, Davis. Come mai hai creato la tua
organizzazione proprio ad Accra? Ho letto che, nel 2007, si tentò di
organizzare una conferenza sull’omosessualità, ma essa fu proibita.
Non la organizzammo noi; noi siamo riusciti a tenerla nel
2017.
Vuol dire questo che in dieci anni è cambiato
l’atteggiamento della società ghanese verso l’omosessualità?
Beh, in questo paese l’omosessualità è illegale, quindi le
persone devono essere molto caute, riservate ed estremamente guardinghe. Quello
che fa l’Interfaith Diversity Network
che presiedo è promuovere la giustizia sociale ed i diritti umani attraverso le
fedi: il che vuol dire che ci va bene quello che fai, ed il messaggio che
vogliamo promuovere è che i diritti umani fanno parte della fede, del proprio
credo, e che bisogna radunare gli emarginati e cominciare a parlare della loro
situazione. Questo è quello che stiamo facendo; siamo ebrei, cristiani,
mussulmani, eccetera, e non conta il tuo background
religioso – perché siamo una cosa sola.
Quando organizziamo un’iniziativa, è interreligiosa; non
diciamo che è gay od omosessuale, per cui non facciamo le cose
clandestinamente, ma ci mettiamo la faccia...
Intervista a cura di Raffaele Yona Ladu
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